Telefono Amico è il primo centro di emergenza telefonica che aiuta a superare le tensioni emotive per ritrovare quel benessere necessario con il quale instaurare e mantenere le relazioni personali.
È importante promuovere la cultura dell’ascolto proprio per intercettare le necessità sociali delle persone che vivono difficoltà momentanee durante la propria vita. Dal giorno in cui comincia la sua attività sociale (anni ’60) l’Associazione nazionale riesce ad ascoltare chiunque viva in una situazione di solitudine, angoscia, tristezza, sconforto, rabbia, disagio e senta la necessità di condividere queste emozioni e pensieri. Con Monica Petra, presidente di Telefono Amico Italia, entriamo nel vivo del lavoro svolto quotidianamente da Telefono Amico per conoscere la situazione sociale della popolazione, anche a seguito della pandemia del Covid-19.
Qual è l’esigenza di far nascere Telefono Amico?
Telefono Amico nasce con l’obiettivo di prevenire il suicidio e offrire a tutti coloro che vivono una situazione di crisi emozionale la possibilità di trovare un interlocutore anonimo, che possa aiutarli ad esplorare i propri vissuti e ricercare le risorse per uscire da una situazione di disagio. I primi centri di ascolto in Italia nascono alla metà degli anni Sessanta e decidono quasi subito di fare rete per condividere risorse e competenze, dando vita a Telefono Amico Italia che oggi risponde a chiunque, vivendo una situazione di disagio emozionale, avverte il desiderio o il bisogno di trovare accoglienza, ascolto e aiuto.
Quando si è appassionato al terzo settore?

Monica Petra, presidente di Telefono Amico Italia
Ho iniziato ad impegnarmi nel volontariato nei primi anni universitari, svolgendo diverse attività. Nel ’93 ho frequentato il corso di formazione per nuovi volontari di Telefono Amico a Napoli, la mia città d’origine, trovando nel servizio e nei valori dell’Associazione la risposta al mio desiderio di impegnarmi per essere d’aiuto attraverso l’ascolto empatico, l’accoglienza piena e incondizionata, il rispetto e l’amicizia.
Quali progetti state organizzando?
Stiamo lavorando su due strade parallele. Da un lato, potenziando il numero di volontari ed i canali di accesso (al telefono, abbiamo affiancato negli anni i canali mail e chat) per accogliere il crescente numero di richieste di aiuto che riceviamo, garantire la formazione dei nostri volontari e la qualità del servizio. Dall’altro, siamo impegnati a promuovere la cultura dell’ascolto soprattutto nelle scuole e con i più giovani, come strumento di sviluppo di relazioni pacifiche e solidali. Infine, lavoriamo attivamente per la prevenzione del suicidio e per la sensibilizzazione della comunità, affinché questo argomento smetta di essere un tabù e possa essere affrontato con azioni tempestive e risolutive.
Ascoltare le persone che ruolo assume nel contesto sociale?
L’ascolto è uno strumento utilissimo nelle relazioni. Capita spesso di osservare come il malessere che si vive venga esacerbato dal non sentire riconosciuto e compreso il proprio bisogno. Quando i pensieri e le emozioni non trovano un modo per esprimersi, macerano all’interno di ciascuno provocando stati di tensione sia individuali sia nelle relazioni. Ascoltare e ascoltarsi sono dunque strumenti non solo per consentire al singolo di esplorare il proprio vissuto e agire per cambiare le condizioni della sofferenza, ma anche per migliorare lo stato delle relazioni sociali, consentendo una co-esistenza armoniosa e pacifica all’interno delle comunità. L’ascolto permette di passare dalla dimensione del conflitto a quella della convivenza e favorisce relazioni solidali e collaborative.
Telefono Amico in che modo vuole adottare il digitale come modalità per la raccolta delle donazioni?
Solo da un paio d’anni abbiamo cominciato ad utilizzare piattaforme per il crowdfunding per sostenere i progetti che sviluppiamo, coinvolgendo la nostra community ma anche tutti coloro che avvertono affinità con i nostri valori e la nostra mission. Anche i nostri canali social sono impegnati nel sensibilizzare la comunità sui temi che difendiamo e chiedere il supporto di chi condivide i nostri obiettivi.
Nell’attuale momento storico che ruolo svolge la trasparenza nelle Associazioni?
La nostra è un’Associazione composta da volontari, nessuno ha un interesse personale o di guadagno e questo è per noi un valore imprescindibile. I nostri bilanci vengono pubblicati sul nostro sito e rendicontiamo ogni azione per la quale chiediamo supporto. Il nostro servizio si basa sulla costruzione di un rapporto di fiducia con coloro che ci contattano, affidandoci i loro pensieri e la narrazione della loro esistenza. Allo stesso modo, consideriamo essenziale che chi ci sostiene sappia sempre chi siamo e possa offrirci aiuto con serenità e fiducia.
Qual è la sua opinione sulla Responsabilità Sociale delle Imprese?
Far parte di una comunità è un’esigenza vitale per ciascun essere umano ma lo è anche per entità diverse come le imprese. La responsabilità sociale si inserisce, a mio avviso, proprio nell’ottica dell’appartenenza ad un gruppo, ad un territorio. Non credo sia possibile per nessuno ignorare ciò che gli avviene intorno, anche quando si prova a chiudere gli occhi la realtà trova un modo per presentarsi e far sentire i suoi effetti. Per questo motivo, l’impegno crescente di alcune imprese nel sociale credo sia una necessità ma anche una grande opportunità di sviluppare relazioni di crescita armoniosa, producendo un effetto benefico che si riversa sulla collettività e su ciascuno, imprese comprese.
Quale metodo adottate per gestire le problematiche segnalate con una semplice telefonata?
I nostri volontari sono formati per sviluppare relazioni d’aiuto. A tutti coloro che ci contattano garantiamo lo spazio per potersi esprimere liberamente e con pienezza, uno spazio rispettoso e libero da giudizi. Fiduciosi nella possibilità che l’ascolto empatico favorisca l’analisi della propria situazione e anche l’esplorazione delle proprie risorse, i nostri volontari aiutano chi si rivolge a noi a raccontare e comprendere il proprio malessere e ne sostengono la ricerca di alternative percorribili, lasciando ciascuno libero di scegliere e certo di essere compreso e accolto.
Quando decidete di intervenire durante l’ascolto di un problema sociale? C’è uno specifico protocollo di Telefono Amico che dovete seguire?
Telefono Amico Italia interviene direttamente solo nel caso di esistenza di un rischio suicidario attuale secondo un protocollo che prevede, in accordo con chi ci chiede aiuto, il coinvolgimento di autorità sanitarie. Le nostre procedure sono note a chi ci chiama e vengono descritte anche sul nostro sito.
La comunicazione sta perdendo quel ruolo fondamentale che riusciva a tenere compatta una comunità. Quali sono le cause principali?
Il disagio del sentirsi o dell’essere isolati non è un’esperienza nuova e neppure esclusiva di pochi individui. Ciascuno di noi ha sperimentato, nella propria esistenza, momenti nei quali ha fatto fatica ad aprirsi oppure a trovare qualcuno disposto ad ascoltare i suoi pensieri. La trasformazione sociale degli anni recenti ha forse aumentato la confusione, usando lo stesso termine – comunicazione – per esperienze diverse che non sempre prevedono l’esistenza di una relazione diretta tra due o più persone, talvolta usiamo il termine per indicare una persona che si rivolge ad una collettività senza che ci sia uno scambio. La comunicazione alla quale facciamo riferimento noi di Telefono Amico è invece un’esperienza necessariamente relazionale, nella quale sono presenti due persone delle quali una è alla ricerca di ascolto e sostegno e l’altra è intenzionata ad offrirli.
Quali interventi dovrebbero essere realizzati con urgenza per cercare di limitare le criticità nel futuro?
Paradossalmente, la nostra società non considera l’ascolto una competenza da allenare. Diamo per scontato che udendo, ascoltiamo e invece non è così. Ascoltare un altro individuo vuol dire fare uno sforzo per comprenderne pensieri e percorsi, accoglierne idee e opinioni, riconoscerne le specificità. Richiede allenamento e volontà. Noi riteniamo che l’ascolto sia un’attitudine che va formata fin dalla scuola perché si possa apprendere che è possibile ascoltarsi tra pari e che raccontarsi e richiedere aiuto sono esperienze comuni, possibili. Auspichiamo quindi lo sviluppo di azioni sinergiche che coinvolgano enti del terzo settore, istituzioni scolastiche e sociali per definire e proporre modelli di relazione e comunicazione collaborativi e non competitivi.