Francesca Di Maolo: «Grazie ai ragazzi del Serafico di Assisi ho imparato a vedere la vita con occhi diversi»

di Cinzia Ficco
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Presidente dell’Istituto per sordomuti e ciechi – oltre che per ragazzi con disabilità plurime psichiche e sensoriali – Francesca Di Maolo ci guida all’interno di una struttura con 150 anni di storia, distribuita su 10mila metri quadrati in un’area verde di 40mila. Duecento le persone che vi operano fra medici, infermieri, terapisti della riabilitazione, operatori socio-sanitari, psicologi, ma anche educatori, musicoterapisti, maestri d’arte, pedagogisti.

La salute non è una somma di funzioni biologiche.

L’Istituto Serafico di Assisi, che si trova sotto la Basilica Papale di San Francesco, è un ente ecclesiastico sotto il controllo del Vescovo della cittadina in provincia di Perugia. Nell’ultimo anno ha curato circa 160 ragazzi ogni giorno, provenienti da tutto il territorio nazionale per un totale di 16.157 trattamenti riabilitativi e 17.297 trattamenti educativi e occupazionali l’anno. Di questi 10.820 nei laboratori, 12.012 nelle residenze e 1.404 per i semiresidenziali.

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Dal 2013 alla guida di questa realtà c’è Francesca Di Maolo, spoletina, con una laurea in Giurisprudenza, specializzata in diritto sindacale, del lavoro e della previdenza, presso l’Università degli Studi di Macerata, che ci racconta: «Il Serafico è nato il 17 settembre 1871, quando San Ludovico da Casoria fondò proprio ad Assisi un’Opera dedicata a San Francesco per educare bambini ciechi e sordi che all’epoca non avevano accesso alla scuola. Oggi il Serafico è un centro sanitario che abbraccia la vita più fragile e rappresenta un modello di eccellenza italiana e internazionale nella riabilitazione, nella ricerca e nell’innovazione medico-scientifica per bambini e giovani adulti con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali. Non solo: supportiamo anche le famiglie dei ragazzi».

Come?

Abbiamo lo spazio Profumo di casa che rievoca i ritmi, le abitudini, i gesti della famiglia, delle relazioni affettive tra genitori e figli o tra fratelli e sorelle. È attivo, inoltre, un servizio di consulenza psicologica per i genitori.

Perché si chiama Serafico?

Serafico è il nome con il quale i primi frati chiamavano san Francesco e il nostro fondatore volle dedicare l’Istituto al Santo di Assisi, che negli ultimi anni della sua vita era quasi del tutto cieco, disabile. Il nostro nome non significa sereno o tranquillo, ma va letto nel significato attribuito da Dante Alighieri in riferimento a San Francesco: “L’un fu tutto serafico in ardore”. Serafico, dunque, pensando all’ardore di san Francesco: un amore infuocato, stimolante, creatore, che ci proietta al di là di noi stessi verso i nostri ragazzi.

I servizi che offrite?

Ci occupiamo di disabilità complessa, grave e gravissima. Abbiamo un centro residenziale con sei residenze che possono ospitare fino a 86 ragazzi e un centro diurno per 30 bambini. Il nostro Istituto è convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale per trattamenti riabilitativi residenziali, semiresidenziali e ambulatoriali. Da alcuni anni è attivo un centro di valutazione – con una équipe multispecialistica – al quale accedono ogni giorno genitori a cui servono un quadro diagnostico e un piano di riabilitazione individuale per i propri figli. Al Serafico non ci limitiamo a curare i disagi, ma lavoriamo sulle risorse dei ragazzi e sui loro interessi, nella consapevolezza che la salute non sia una somma di funzioni biologiche. Oltre agli ambulatori, alle palestre, alle piscine, abbiamo un teatro, una radio e laboratori di arte, di stimolazioni sensoriali, di artigianato, un orto all’interno di un parco sensoriale e tanto altro ancora.

Come si è ammessi alle cure?

L’ammissione ai servizi e alle prestazioni avviene tramite Asl o in forma privata. Degli 86 posti autorizzati, 82 sono convenzionati con il SSN, mentre gli altri sono dedicati ad interventi sollievo, per soggiorni brevi, o indirizzati ad interventi di solidarietà anche internazionale. Per l’ammissione alle prestazioni riabilitative, sia in forma convenzionata che privata, è sempre necessaria una valutazione preliminare clinico-funzionale che ha lo scopo di specificare i bisogni clinici e assistenziali del paziente ed è necessaria per stilare il progetto educativo-riabilitativo individualizzato.

Come è cambiato l’Istituto dalla sua nascita?

In questi 150 anni il Serafico ha cercato di rispondere ai nuovi bisogni che si sono presentati. È nato come una scuola speciale per ciechi e sordomuti. Ma quando finalmente la scuola ha aperto le sue porte alle persone con disabilità, abbiamo iniziato a rispondere a bisogni di salute più complessi. Dal 1986 l’Istituto Serafico è diventato un centro sanitario, autorizzato e accreditato dalla Regione Umbria a svolgere attività di riabilitazione funzionale per soggetti portatori di disabilità psichiche fisiche e sensoriali in regime residenziale, semiresidenziale e ambulatoriale. Le famiglie sono state la bussola del nostro lungo viaggio. Accanto a genitori straordinari abbiamo potuto capire urgenze e bisogni. È così che ci siamo aperti nel tempo alla disabilità grave e complessa e ai disturbi del comportamento e del neurosviluppo che non trovano risposte concrete in Italia. È in questa direzione che abbiamo aperto un centro altamente specializzato nei disturbi specifici dell’apprendimento, diventando il primo polo di apprendimento del centro Italia.

E lei come è arrivata alla guida dell’Istituto?

Prima di questa esperienza svolgevo a tempo pieno la professione di avvocato giuslavorista ed ero docente di diritto del lavoro. Ma da più di dieci anni guidavo un centro di volontariato sociale, un’esperienza straordinaria. Quando il Vescovo mi propose di guidare il Serafico accettai, pensando che avrei potuto proseguire la mia professione, anche se ancora non conoscevo i ragazzi che mi sono entrati nel cuore. E così mi sono ritrovata a dedicarmi a loro a tempo pieno.

Di quanta considerazione gode il Serafico nella Regione Umbria?

Siamo un punto di riferimento importante per la nostra regione, non solo per i servizi ma anche nell’analisi dei bisogni.

Quali sono le iniziative, i progetti più importanti organizzati dal Serafico in questi anni?

Sono tante le tappe raggiunte. Penso alla crescita nell’ambito della presa in carico dei ragazzi con disturbi del neurosviluppo, la vera emergenza dei nostri tempi. Penso alla nascita del centro per i disturbi specifici dell’apprendimento, alla realizzazione di un centro di ricerca e agli ambulatori specialistici totalmente accessibili. Ma non si tratta di traguardi raggiunti sotto la mia guida. Sono tappe di un cammino raggiunte da un gruppo di lavoro attento alla vita e alle urgenze di tante famiglie.

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C’è una regola fondamentale che vige all’interno del Serafico?

La vita prima di tutto! Un’attenzione particolare che abbiamo nel rispettare il valore e la dignità della vita, prendersi cura di bambini e ragazzi più fragili per garantire loro una vita piena. Sono proprio loro che ci svelano quanto in ogni persona, nonostante i limiti, ci siano grandi risorse. Sono loro che ci insegnano ad amare la vita sempre e in ogni circostanza. Con loro sto imparando a vedere la vita con occhi diversi, quelli dei ragazzi. Loro sanno stupirsi e provare meraviglia per le cose semplici. Ho capito che una vita piena può essere sempre vissuta, nonostante il limite, se hai qualcuno accanto a sostenerti.

Chi in genere sostiene il Serafico?

Abbiamo tantissimi donatori, tante persone che, dopo aver conosciuto la nostra realtà e i nostri ragazzi, decidono di sostenerci una sola volta o in modo continuativo. Chi vuol farlo può aiutarci in diversi modi, a seconda delle proprie esigenze e disponibilità, consultando il nostro sito.

E per il futuro?

Vorrei che l’Istituto rimanesse sempre fedele alla propria missione e alle attese delle famiglie.

Il Serafico è collegato a delle onlus del territorio?

Siamo in rete con altre realtà regionali e ci auguriamo che tutti i soggetti, pubblici o privati, che a diverso titolo erogano prestazioni per persone fragili, vengano messi in rete fra di loro. Le persone con disabilità hanno bisogno di essere accompagnate nei loro bisogni speciali, che possono essere di tipo sanitario e sociale. Questa è la vera sfida che andrebbe colta in una visione più generale: superare la frammentarietà di risposte per arrivare a servizi integrati in cui l’individuo sia davvero al centro di una rete di persone, di strutture, che interagiscono e dialogano per il suo bene. Questa rete non deve avere falle proprio per non lasciare sola la persona nei suoi bisogni vitali. Ma questo è un compito della politica e il Serafico può essere solo voce insistente per quanti non ne hanno.

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1 commento

Rita Garofalo 8 Luglio 2022 - 11:41

Bell’articolo che mette in risalto l’aiuto e il sostegno a favore dei disabili e delle loro famiglie. Complimenti a tutti i ragazzi del Serafico che si adoperano nella struttura , alla loro guida Francesca Di Maolo e a Cinzia Ficco che ha curato la stesura di questo articolo e che ci fa conoscere le realtà a sostegno dei più bisognosi!

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