Pianoterra Onlus: la costruzione di una rete a protezione e supporto delle famiglie più vulnerabili

di Manuela Contino
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Metodologie di intervento per essere al fianco di madri e figli in situazioni di precarietà economica e sociale. Di questo e di altro ancora ci parla Giusy Muzzopappa, responsabile raccolta fondi di Pianoterra Onlus, l’associazione che – tramite équipe professionali e multidisciplinari – opera per prevenire problemi di salute e sviluppo legati alla povertà e alla marginalità di genitrici e figli piccoli.

 

Intervenire durante la gravidanza e nei primi mille giorni di vita del bambino, può evitare futuri disagi in età scolastica nell’ambito dello sviluppo cognitivo e relazionale. Rafforzando i genitori, si garantisce ai loro figli un ambiente sereno e stimolante: per provare a crescere con le stesse opportunità di bambini nati in contesti più privilegiati.

Giusy Muzzopappa ci racconta di come questa associazione – con presìdi e sportelli a Napoli e Roma – sia in grado di attivare una rete di sostenitori e svolgere attività sociali, servizi educativi e laboratori didattici. Obiettivo finale: proteggere e supportare il binomio mamma-bambino e far emergere potenzialità e risorse personali. L’ipotesi è che se il genitore sviluppa competenze, il figlio potrà crescere con maggiori sicurezze.

Come nasce Pianoterra Onlus e con quali obiettivi?

Pianoterra Onlus è stata fondata a Napoli nel 2008 da Alessia Bulgari, Ciro Nesci di professione logopedista e Flaminia Trapani una psicoterapeuta, con il desiderio comune di realizzare un progetto a sostegno di bambini in contesti di difficoltà. L’osservazione di partenza è stata che i disturbi che affliggono i bambini in età scolare in molti casi non sono dovuti a cause ma possono essere una conseguenza di mancate azioni e interventi in età precoce. Queste situazioni sono speso frutto di mancati stimoli e di un ambiente poco sereno, di disagio economico sociale intra-familiare, che espongono i bambini già durante la gravidanza a eventi che possono incidere in modo negativo sul loro sviluppo. Quando si supera la fase dei cosiddetti primi 1.000 giorni di vita, ovvero l’epoca d’oro per lo sviluppo cognitivo e relazionale del bambino, molte cose che sono o non sono accadute, sono irrecuperabili.

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Da questa osservazione, al centro di numerosi studi fatti in ambito di neuroscienze, nasce il desiderio di creare un progetto per intervenire in contesti vulnerabili, tutelare la gravidanza e rafforzare i genitori affinché garantiscano ai bambini un ambiente sereno e stimolante. In grado di far emergere pari opportunità rispetto a bambini nati in contesti più privilegiati. Il primo progetto della onlus si intitolava “Sostegno all’allattamento/Diritto di poppata” e prevedeva la distribuzione di latte in polvere a bambini con problemi di malnutrizione, previa la prescrizione del pediatra che sanciva questo bisogno. In un secondo momento il nucleo familiare veniva accompagnato da noi in un percorso di incontri e attività di rafforzamento della genitorialità. In seguito questa pratica si è evoluta, coinvolgendo anche i servizi sociali a cui la famiglia veniva accompagnata. Così Pianoterra ha creato una rete di protezione per queste famiglie sul territorio, collaborando sia con i servizi pubblici che con altri enti del terzo settore, capaci di offrire servizi diversi dai nostri e garantire così un’azione integrata e bigenerazionale, che possa coinvolgere sia i genitori che i bambini.

La vostra specificità consiste nell’attivare dei processi di tutela dei minori in situazioni di difficoltà familiare. In parte però lavorate anche sull’empowerment delle donne, corretto?

Sì, nella maggior parte dei casi le donne con cui lavoriamo sono di origine straniera o sono donne che dispongono di pochi strumenti di formazione e risorse personali. Il nostro lavoro consiste nell’individuare quali sono le risorse di ciascun nucleo familiare e di ciascuna donna e aiutarle a farle emergere, sia nel ruolo genitoriale che in altri ambiti. Per le donne straniere ad esempio offriamo il corso di italiano, ma poi facciamo degli incontri con psicologhe e assistenti sociali per renderle consapevoli di una serie di servizi che vengono messi loro a disposizione, con l’obiettivo di renderle autonome. Ogni percorso è personalizzato, ma la leva principale è sempre quella del rapporto con i bambini, ovvero comunicare l’importanza che ogni bambino abbia un genitore competente.

Quali sono le iniziative con cui vi approcciate al meccanismo delle donazioni?

Pianoterra si supporta unicamente con fondi privati, di cui il 75 per centro proviene da fondazioni che creano bandi coerenti con le nostre aree di intervento e il resto entra con attività di raccolta fondi. The Milky Way, il nostro fundraiser principale, è un progetto creato da Damiana Leoni che coinvolge gallerie e artisti, anche internazionali e di alto livello. Una rete di collezionisti e amanti dell’arte acquista le opere donate dagli artisti, i cui proventi vanno a sostenere le attività di Pianoterra.

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Abbiamo creato altri dispositivi come la “Valigia Maternità” che è il simbolo del programma 1.000 giorni, il nostro programma bandiera, dedicato a donne in gravidanza e bambini fino a 3 anni con servizi di accompagnamento alla nascita, assistenza e sostegno materiale. Mutuando l’idea della baby box finlandese – un programma per le mamme messo a disposizione dal governo del Paese scandinavo fin dagli anni Trenta – doniamo una valigia contenente tutto ciò serve alla mamma al momento del parto. Il programma è riservato alle donne che ne entrano a far parte entro il quarto mese di gravidanza, effettuano gli esami gratuiti messi a disposizione dal sistema sanitario nazionale e seguono gli incontri e le attività che proponiamo. Dal punto di vista simbolico è un modo di comunicare alla donna che sta arrivando alla maternità con un bagaglio pronto e in maniera consapevole.

Il digitale è uno strumento che utilizzate, rispetto al meccanismo delle donazioni?

Gran parte delle donazioni ci arrivano attraverso gli strumenti tradizionali, prima di tutto il bonifico che le rende tacciabili: dal punto di vista del codice del terzo settore, molto stringente in fatto di trasparenza, ne rende possibile la certificazione. Tutto viene pubblicato annualmente nel nostro bilancio sociale. Il digitale per quanto ci riguarda non è ancora determinante, anche se lo è stato durante la pandemia venendo meno gli eventi di raccolta fondi. Sta prendendo molto piede per determinate cause più vicine a una fascia giovane, mentre il profilo tipo dei nostri donatori comprende per lo più donne di età compresa tra i 35 e i 60 anni.

In cosa differisce la Fondazione Pianoterra dalla Onlus?

La fondazione, che ha sede a Roma, nasce dal desiderio dei soci fondatori di Pianoterra di disporre di un dispositivo filantropico che potesse ampliare il raggio di azione della onlus, intervenendo per rimuovere ostacoli di impedimento alla fioritura personale o comunitaria. E avendo inoltre la possibilità di sostenere le realtà all’estero e in Italia. È un fondo che viene alimentato e la cui mission è quella di sostenere progetti in cui arte e cultura facciano da volano e moltiplicatore di energie per progetti sia individuali che di comunità.

Cosa pensate della Responsabilità Sociale delle Imprese? Qual è la vostra esperienza in merito?

Coltivare una relazione con un’azienda è un lavoro specifico perché la sfida è superare l’idea che l’azienda sostenga un’associazione solo per visibilità, sebbene sia chiaro che le esigenze di un’impresa siano diverse da quelle di una onlus. D’altra parte, se è vero che negli ultimi anni le aziende si sono avvicinate al terzo settore, è anche vero che il terzo settore si è molto più professionalizzato e quindi ci si parla più facilmente. Per le onlus piccole come la nostra, c’è molta attenzione da parte di aziende radicate sul territorio, nel nostro caso Napoli, che ne fanno un discorso di natura comunitaria.

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Collaboriamo con l’azienda Pasta Garofalo, che sostiene ogni anno nostri progetti specifici sul territorio di Napoli e Castel Volturno e con Laboratorio Silvana, azienda di prodotti per la prima infanzia, che si è avvicinata a noi attraverso Luisa Ranieri, testimonial della nostra campagna per il 5×1000 e sorella del titolare.

C’è poi un gruppo di centri medici e farmacie che fanno capo al gruppo Petrone, che ci ha sostenuti in vario modo nel corso degli anni e che quest’anno ha aderito a un progetto specifico. Altre piccole aziende si attivano per eventi di raccolta fondi o iniziative stagionali – come ad esempio il Panettone Solidale – mentre alcune farmacie di Roma ci supportano donando prodotti per riempire le valigie maternità.

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