A Genova c’è un centro per dire STOP alla violenza sulle donne. E prevenire il femminicidio

di Mariella Roberto
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«La violenza non è soltanto la violenza fisica: è anche psicologica, economica, sessuale, stalking» spiega Chiara Panero, da quattro anni coordinatrice della Casa Rifugio del “Centro per non subire violenza” che ha sedi a Genova, Recco e Arenzano. Laureata in Scienze pedagogiche dell’Educazione, Chiara opera in questo Centro da 15 anni. «Nella regione Liguria ci sono dieci centri antiviolenza, accreditati dalla Regione, che hanno firmato il 7 giugno scorso il rinnovo del protocollo per la prevenzione e il contrasto della violenza nei confronti di donne, minori e categorie vulnerabili sul nostro territorio».

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Un protocollo importante per lavorare in Rete con tutti i soggetti della rete antiviolenza. Un riconoscimento per i centri che sono già in rete con le forze dell’ordine, i tribunali e gli ospedali, ma che devono essere coinvolti subito. «In particolare, il nostro centro prende le proprie origini dall’UDI, Unione Donne Italiane (dal 2003 diventato Unione Donne in Italia), un’organizzazione nata nel 1945 dai gruppi di difesa delle donne e che rappresentava donne partigiane e antifasciste».

Negli anni ’70 l’UDI è stata protagonista nella lotta per introdurre il divorzio e l’aborto. Negli anni ’80 alcune volontarie hanno incominciato ad accogliere le donne, ascoltare le loro storie e individuare un percorso per aiutarle a uscire dalla spirale della violenza. Di fatto, il Centro per non subire violenza vanta un’esperienza quarantennale. «Un’altra realtà a livello nazionale che si occupa di donne che hanno subìto violenza – spiega Panero – è l’Associazione DiRe, Donne in Rete contro la violenza, di cui il Centro per non subire violenza è cofondatore. Circa un’ottantina di organizzazioni sul territorio italiano gestiscono oltre 100 centri antiviolenza e più di 50 case rifugio, ascoltando ogni anno circa 21mila donne: l’obiettivo è garantire l’azione politica nazionale antiviolenza e promuovere iniziative per il contrasto e la prevenzione della violenza maschile sulle donne».

A livello internazionale va citata anche la Convenzione di Istanbul, ratificata nel 2011 dall’Italia: è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza. La Convenzione, incentrata sulla prevenzione della violenza domestica, è nata per proteggere le vittime e perseguire i trasgressori.

Il Centro per non subire violenza

La sede principale del Centro è a Genova. Ad Arenzano è attivo uno sportello antiviolenza per prendere informazioni ed essere collegate con il centro antiviolenza. Quello di Recco è un centro dedicato a Martina Rossi, la ragazza genovese morta nel 2001 cadendo dal balcone di un hotel a Palma di Maiorca mentre tentava di sfuggire a una violenza di gruppo. Spiega Chiara Panero: «Nel Centro sono attive operatrici dell’accoglienza, di primo colloquio, dipendenti e volontarie che vengono formate e inserite per svolgere diverse attività. Durante il primo colloquio con una donna che si rivolge al Centro, l’operatrice inquadra la situazione, facendo una valutazione del rischio e progettando insieme un percorso di fuoriuscita dalla violenza: l’obiettivo è gestire il rischio, proteggendo la donna e gli eventuali minori».

Occorre impedire che le donne – già vittime nella relazione – subiscano un’ulteriore discriminazione da parte delle istituzioni: per questo occorre investire sulla formazione dei vari soggetti che intercettano situazioni a rischio e operano con le donne vittime di violenza. «La violenza non è soltanto la violenza fisica: è anche psicologica, economica, sessuale, stalking. È molto importante saper differenziare una situazione conflittuale da una situazione di violenza; molto spesso la violenza nelle relazioni di intimità viene minimizzata in conflitti di coppia, ma nel caso di maltrattamento e violenza non siamo più in un rapporto un po’… litigioso. Se il termine “conflitto” presuppone che non ci sia sottomissione, umiliazione, annientamento della parte perdente – con il consenso di entrambi le parti, le forze in campo sono pari – nel termine “violenza” invece non c’è consenso da entrambi le parti. Le forze in campo sono ìmpari, è quasi sempre una parte che prevale sull’altra, chi soccombe riceve un danno all’incolumità fisica, una delle due parti è controllata costantemente dall’altra e la teme. In caso di violenza, la mediazione familiare viene meno».

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I servizi gratuiti

Le donne che hanno vissuto atti di violenza possono contattare il centro, prendere appuntamento per un primo colloquio e insieme all’operatrice dell’accoglienza co-progettare il loro percorso di fuoriuscita dalla violenza. Nel Centro operano donne italiane e straniere: «Al momento la maggior parte delle ospiti sono italiane, ma in quest’ultimo periodo siamo diventati anche un punto di riferimento per la comunità ucraina a Genova».

Il Centro per non subire violenza di Genova offre diversi servizi gratuiti tra cui la consulenza legale, civile e penale che viene seguita da due avvocatesse civiliste e due penaliste. Avendo fatto – primo a Genova – un accordo con il Consiglio notarile, il Centro può avvalersi anche di consulenze notarili gratuite.

Insieme a un’attività di sostegno individuale e psicologico (con monitoraggi e creazione di un percorso di fuoriuscita dalla violenza), particolarmente efficaci sono i gruppi per il cambiamento e la genitorialità. La violenza infatti crea isolamento: per la vittima è importante creare una rete e capire che non è sola, che insieme si può uscire dalla violenza. Violenza che mina il rapporto tra genitori e figli, i quali – assistendo alla violenza – possono riprodurre i comportamenti negativi del padre o introiettare il modello passivo della madre.

Grazie a Romina Soldati – operatrice pedagogico-teatrale ed educatrice del Centro – le donne possono partecipare a un laboratorio di teatro-terapia che lavora molto sul corpo oltre che a livello cognitivo: per le vittime è importante prendere consapevolezza di sé e del proprio corpo. Spesso quando arrivano al Centro le donne sono confuse, non riescono più a leggere e ascoltare le proprie emozioni. Il percorso individuale (affiancato al laboratorio) rafforza le donne a uscire più velocemente dalla relazione maltrattante.

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Il Centro ha anche uno sportello di orientamento al lavoro, per aiutare le donne a reinserirsi nel mondo professionale: l’indipendenza economica è importante per le donne perché permette loro di non sottostare in una relazione tossica e violenta. Il Centro Per Non Subire Violenza realizza inoltre progetti di prevenzione nelle scuole con l’obiettivo di favorire un cambiamento a livello sociale e culturale e sostenere le coppie del futuro. Diviso in moduli, il progetto affronta gli stereotipi di genere, la differenza tra conflitto e violenza, il riconoscimento e la gestione delle emozioni, la conoscenza delle tipologie di violenza.

Un progetto pilota di alternanza scuola lavoro – realizzato all’Istituto Nautico San Giorgio a Genova – è intitolato “Mettiamoci in gioco contro la violenza”. Si tratta di un lavoro di “Peer Education” dove studenti e studentesse (con il supporto delle operatrici) hanno svolto il ruolo di formatori e formatrici a beneficio di ragazzi e ragazze coetanee.

Case rifugio ed eventi

Nel 2018 il Centro per non subire violenza di Genova ha realizzato e pubblicato un libro dal titolo: “La Casa Rifugio a indirizzo segreto – 20 anni a Genova” a cura di Chiara Panero e Paola Toni. Tre sono infatti le tipologie di alloggio per le donne bisognose di un luogo sicuro dove vivere con i propri figli: la casa rifugio a indirizzo segreto, l’alloggio sociale e l’alloggio protetto. La Casa Rifugio a indirizzo segreto è un luogo sicuro dove donne/mamme e bambini/e vittime di violenza vengono accolti quando sono in pericolo. La permanenza in Casa Rifugio è un tempo in protezione in cui la donna può dedicarsi a pensare, elaborare il proprio vissuto nella violenza e prendere decisioni per riscrivere la propria storia di vita, ridando valore a sé stessa e rinforzando un rapporto con i propri figli/e. L’equipe di lavoro è composta da educatrici, psicologhe, avvocate e volontarie esperte nella violenza di genere.

Il Centro investe molto nel comunicare le sue iniziative: il gruppo “redazione” e il gruppo “eventi” collaborano alla realizzazione di attività per essere sempre più visibili e riconoscibili alle donne che stanno vivendo una situazione di violenza (ma che non hanno ancora contattato il Centro Antiviolenza). Le manifestazioni vengono organizzate non solo nelle ricorrenze più importanti come il 25 novembre (Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne) o l’8 marzo (Giornata internazionale dei diritti delle donne), ma durante tutto l’anno. Un esempio è “Corriamo per le donne e le bambine” organizzato a ottobre 2021 e a giugno di quest’anno, in occasione della Giornata internazionale dei Bambini Innocenti Vittime di Aggressioni. Alla corsa ha partecipato la scuola primaria Anna Frank e un gruppo di donne/mamme e bambini/e della Comunità Ucraina a Genova, in fuga dal conflitto.

«Queste manifestazioni sono molto importanti – conclude Panero – perché occorre sensibilizzare quante più persone su una tematica che è ormai strutturale. Oltre alle donne e ai minori colpiti, il nostro impegno è volto a coinvolgere anche gli uomini: solo loro a dover prendere le distanze e condannare le azioni di violenza, senza minimizzare, svalutare, negare».

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Il Centro partecipa anche a progetti finanziati dal Dipartimento delle Pari Opportunità, progetti regionali e in collaborazione con altre realtà del territorio: tra questi Approdo sicuro“, il primo centro ligure contro le discriminazioni da orientamento sessuale e identità di genere, realizzato da Arcigay Genova.

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