Il 26 e 27 maggio, a Trieste, appuntamento con il Festival della comunicazione non ostile. «L’associazione è nata per responsabilizzare gli utenti della rete a scegliere parole non aggressive. A volte abbiamo la sensazione che i messaggi scritti sul web vengano lanciati nel vuoto, non è così. Arrivano con un peso, se vogliamo anche maggiore rispetto alle parole pronunciate offline» spiega Tiziana Montalbano, responsabile comunicazione di Parole O_Stili.
Quando parliamo dell’importanza delle parole è difficile non citare l’esclamazione rabbiosa e viscerale di Nanni Moretti in “Palombella Rossa” diventata ormai storica. Carlo Levi le definiva pietre, Manzoni parlava degli effetti diversi che sortivano in bocca e negli occhi: le parole hanno da sempre un potere straordinario a volte nascosto, spesso sottovalutato. Ecco perché dovremmo imparare o meglio rimparare a utilizzare le parole nel modo più corretto e consapevole, soprattutto quando viaggiano veloci tra tweet e post.
Ne abbiamo parlato con Tiziana Montalbano, Head of Communications di Parole O_Stili, l’associazione triestina nata nell’agosto del 2016 con l’obiettivo di educare e responsabilizzare gli utenti della rete a scegliere una comunicazione non ostile.
Perché c’è bisogno di sensibilizzare le persone all’uso di una comunicazione non ostile?
Viviamo buona parte della nostra vita sul web, non esiste più una divisione netta tra online e offline. Questo processo, benché ormai radicato nella nostra quotidianità, non ha una storicità tale da creare un approccio consapevole e maturo. L’intreccio che le nostre vite hanno subìto con la rete non avviene da tantissimi anni: ciò dimostra quanto culturalmente siamo ancora poco pratici ad accettare questa ambivalenza tra essere connessi e sconnessi. Ecco perché crediamo sia necessario creare una cultura digitale non solo utile ma anche eticamente sostenibile.
Le parole digitali feriscono di più?
A volte abbiamo la sensazione che le parole scritte sul web vengano lanciate nel vuoto, non è così. Arrivano con un peso, se vogliamo anche maggiore rispetto a quelle pronunciate offline. Ricevere un insulto al bar o durante una cena è diverso, le parole che scriviamo in rete non scompaiono, sul web l’eco è esponenzialmente molto più ampia. È come la differenza tra bullismo e cyberbullismo: il secondo è in grado di avere un impatto sulla vita delle persone molto più grande rispetto al primo.
Parole O_Stili è una comunità sostenuta da decine di migliaia di persone. Lavorate con gli istituti, le associazioni, le aziende, come funziona il vostro Manifesto?
Negli anni abbiamo redatto un Manifesto che, attraverso 10 princìpi, vuole favorire un’attitudine rispettosa e civile e si impegna a diffondere una comunicazione responsabile e condivisa. La sua sottoscrizione è personale. È scritto in prima persona senza l’utilizzo di generi o categorie: si propone come lo stimolatore di un circolo vizioso che coinvolge persone e realtà diverse tra loro.
Devo dire che fin dalla sua nascita il Manifesto ha riscosso molto successo, è stato protagonista di un’importante attività virale. Oggi è arrivato ad essere tradotto in oltre 35 lingue, compreso il latino, il greco antico e l’alfabeto emoji. La sua diffusione è arrivata in maniera molto naturale, non abbiamo mai chiesto a nessuno di firmarlo, l’iniziativa è sempre venuta dai firmatari stessi. I primi sono stati il sindaco di Milano Beppe Sala e l’allora sindaca di Torino, Chiara Appendino. Avevamo già collaborato con queste istituzioni in passato, ma senza una sottoscrizione ufficiale: al momento della loro firma si è attivata una macchina di emulazione che ha portato il Manifesto a diffondersi capillarmente. È un bacino che raccoglie contenuti dal basso grazie alla collaborazione di tutti. La sua forza è la sua ampia declinazione, sono dieci princìpi che possono essere applicati in tutti i settori: dalla politica alla scienza, fino ad arrivare allo sport.
Che cos’è l’Academy di Parole O_Stili?
È nata dall’esigenza di divulgare in maniera sempre più strutturata i nostri princìpi, grazie a un gruppo di formazione che lavora e si confronta con diversi interlocutori. Attraverso l’Academy, Parole O_Stili organizza un percorso formativo trasversale e versatile per incentivare il pubblico, sia esso formato da studenti o dipendenti di un’azienda, ad assumere un comportamento responsabile nei confronti delle parole.
Il 26 e 27 maggio sono due giornate molto importanti per voi.
A fine maggio si tiene a Trieste il Festival della comunicazione non ostile. È il momento clou dell’anno: abbiamo organizzato la prima edizione nel 2017 e da quel momento il progetto ci è esploso letteralmente – all’inizio direi anche inconsapevolmente – tra le mani. Il Festival è un importante momento di confronto per parlare del linguaggio e dei suoi molteplici usi da diversi punti di vista: dal giornalismo ai social media, dalla tecnologia alla politica. Il tema di quest’anno sono le Distanze, effetti lontani e cose vicine. Parleremo di distanze tra persone, parole e cose e di come accorciarle, colmarle o allungarle. Gran parte del Festival sarà dedicato alle scuole con diversi appuntamenti e iniziative.
Domanda d’obbligo, quale prospettiva futura avete per Parole O_Stili?
Speriamo che l’attività di Parole O_Stili negli anni non sia più necessaria, ci auguriamo che il tema del linguaggio inclusivo possa trovare una sua propria evoluzione grazie allo sviluppo parallelo di una cultura della comunicazione consapevole e sostenibile.