Paola Radaelli: «Dal femminicidio allo stalking, l’impegno dell’UNAVI dalla parte delle vittime»

di Paola Carella
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L’Unione Nazionale Vittime è un’associazione che nasce dall’incontro tra dolore e generosità: tra il dolore di chi direttamente o indirettamente è vittima e la generosità di chi non vuole voltare la faccia.

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Paola Radaelli, presidente di UNAVI, ci spiega in che modo la sua associazione si impegni per aiutare e tutelare le persone vittime di episodi di violenza. «Interveniamo non solo sotto l’aspetto psicologico ma anche sotto il profilo economico. Il nostro è uno sforzo rivolto a sostenere spese mediche e spese connesse a casi di procedimenti giudiziari a carico di soggetti che reagiscano alla violenza (legittima difesa). Ma anche in caso di procedimenti giudiziari volti a ottenere il riconoscimento dei danni subiti».

Le vittime di reato sono colpite dapprima dal gesto di chi ha infranto la legge distruggendogli l’esistenza e poi dall’indifferenza delle istituzioni e di quasi tutti quelli che non sono nella loro condizione. «A differenza del reo che è al centro dell’attenzione e riceve ogni sostegno, la vittima viene messa in ombra: personaggio di secondo piano privo di qualsiasi fascinazione. Basti pensare che da anni in tutte le carceri opera un garante dei diritti dei detenuti, mentre solo nel 2019 è stato istituito in Lombardia, unica regione, il garante delle vittime. Ci stiamo pertanto adoperando perché in ogni regione la vittima possa avere il suo garante e non siamo lontani dall’ottenere questo risultato».

L’associazione, oggi radicata su tutto il territorio nazionale, è nata nel 2017 grazie a un gruppo di volontari presenti, in parte vittime e in parte donne e uomini di buona volontà, per usare un’espressione antica.

«Ho conosciuto tantissime vittime per lo più indirette – continua Paola Radaelli – così si definisce chi ha perso una persona cara in conseguenza del comportamento doloso o colposo di un altro o di altri uomini. La sofferenza delle vittime indirette a differenza di quelle dirette non è connotata da rabbia e desiderio di vendetta. Nelle vittime indirette quello che si avverte è il vuoto che si legge negli occhi e la disperazione che appare da ogni parola. Stare vicino a una vittima indiretta è difficilissimo e la tensione è tale che a un certo punto ci si rifugia in discorsi pratici: il processo, la tutela legale, le istituzioni con tutte le conseguenti carenze. Con la vittima diretta, sopravvissuta al male, è più facile perché comunque c’è un futuro davanti e questo consente anche di dare insieme uno sguardo al passato: per quanto doloroso, non c’è quel vuoto assordante che si sente con le altre».

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Su input di UNAVI sono stati ottenuti alcuni risultati: da importanti indicazioni per il Codice Rosso (legge 69/2019), all’innalzamento dell’indennizzo ai familiari delle vittime di reato, passato infatti da 7.500 euro a 50mila per il delitto d’omicidio, da 4.500 a 60mila per gli orfani da femminicidio, 25mila per lesioni personali gravissime, 25mila per la deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti del viso.

«L’Unione Nazionale Vittime, ancora prima di diventare associazione, aveva alle spalle un lungo lavoro di sensibilizzazione dell’opinione pubblica attraverso la stampa e con convegni in varie città d’Italia. Siamo stati invitati in più occasioni ad audizioni parlamentari, sia in Italia che a Bruxelles: siamo orgogliosi di aver ottenuto risultati concreti come l’introduzione di norme più favorevoli alle vittime, pur nella consapevolezza che occorre impegnarsi ancora affinché le vittime ottengano maggiori diritti in termini di indennizzi e di servizi. Contiamo sul supporto di professionisti psicologi e avvocati con specifica competenza a trattare con le vittime. Abbiamo in progetto di creare un centro di vittimologia per la formazione di specialisti, dando spazio a tutti quelli che in qualche modo vengono in contatto con le vittime».

Da poco UNAVI ha intrapreso un interessante progetto di comunicazione dal titolo “Sui passi della violenza”. Si tratta di una mostra itinerante come percorso formativo: «In una società fatta di immagini e parole, è importante che la cultura e l’arte figurativa vadano a toccare l’anima in profondità attraverso segni, colori e suoni». Quattordici le opere realizzate dall’artista Sergio Brambillasca, già esposte in un primo appuntamento al Grattacielo Pirelli, che andranno in giro per tutta l’Italia interpretando i reati violenti: dal femminicidio allo stalking, dal cyberbullismo alle rapine violente in casa, fino a comprendere le vittime del crollo del Ponte Morandi. In ciascuna delle opere un nome, una persona, dei versi in cui si narra una storia realmente accaduta e che «potrebbe accadere a chiunque».

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Conclude la presidente Radaelli: «L’arte deve essere un aiuto fondamentale ad apprendere lo stato del sentimento delle vittime e dei loro familiari. L’idea è di creare un percorso utile e stimolante e comprendere che, partendo dall’educazione culturale, si può vivere in un mondo migliore. Il nostro obiettivo è di coinvolgere, sensibilizzare e scuotere le coscienze per contrastare il fenomeno della violenza a tutti i livelli: perché ciò che è accaduto a ogni vittima, può accadere a ognuno di noi».

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