Combattere la povertà e la solitudine a Milano con Pane Quotidiano

di Paolo Robaudi
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Intervista a Luigi Rossi, vicepresidente di un’associazione milanese che da 125 anni aiuta le persone in difficoltà, accogliendole nei due centri cittadini.

 

Quando il Generale Bava Beccaris fece sparare sulla folla in Via Moscova a Milano durante la “Rivolta del Pane”, nessuno avrebbe immaginato che ciò avrebbe ispirato la creazione di Pane Quotidiano. Questa organizzazione è diventata un pilastro nella lotta contro la povertà a Milano, distribuendo migliaia di razioni alimentari ogni giorno. Esploriamo la sua origine e il suo impatto sulla comunità con il Vicepresidente Luigi Rossi.

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Come è nato “Pane Quotidiano”?

È nato nel 1898, per il volere di alcuni benemeriti cittadini milanesi, proprio perché pensavano che il pane non dovesse mai mancare dalle tavole della gente. Pane Quotidiano nacque, come accennato, subito dopo la “Rivolta del Pane”, quando il generale Bava Beccaris fece sparare sulla folla in via Moscova a Milano, per sedare i tumulti di piazza. Da allora Pane Quotidiano è evoluta e oltre al pane diamo anche altri generi di conforto.

Quali numeri, in termini di pasti, fornite ogni giorno?

Distribuiamo dalle 3.500 alle 4mila razioni alimentari al giorno, nei nostri due centri di Viale Toscana 28 e Viale Monza 335. Abbiamo circa un milione e duecentomila passaggi l’anno. Questi sono i numeri di Pane Quotidiano. Non saprei dirle il numero di tonnellate di cibo che movimentiamo in un anno perché sono variabili, mentre possiamo dare un valore a una nostra razione alimentare che varia tra i 17 e i 25 euro l’una, a seconda della merce. Dico questo per misurare il valore di una nostra razione, che contiene: pane, pasta, busta di affettato, formaggio, frutta, verdura e dei dolci. Se moltiplichiamo il valore della singola razione, per un milione e 200mila passaggi l’anno, arriviamo a una cifra di 25, 30 milioni di euro l’anno di valore commerciale che noi distribuiamo. Noi ovviamente non acquistiamo questi prodotti, ma ci vengono donati dalle aziende, che ci elargiscono le eccedenze, oppure da fondazioni e donazioni, sempre di privati. A noi piace pensare che queste eccedenze vengano fatte un po’ apposta, proprio per regalarle alle associazioni, come la nostra. È proprio in merito a questo patto virtuoso che noi esistiamo da ormai quasi 125 anni. In tutto questo, non abbiamo fondi pubblici.

Quanto conta il contributo dei volontari?

È molto importante! Abbiamo 200 volontari nei due centri. Pane Quotidiano ha di fatto solo 7 o 8 dipendenti. Tre dei quali sono autotrasportatori, uno in ufficio, un altro all’amministrazione e un guardiano notturno. Questa è la nostra struttura organizzativa. Tutto il resto viene gestito da volontari. Anche noi del consiglio di amministrazione siamo volontari. Ci tengo a sottolineare questo aspetto, perché tutti i nostri volontari ci donano quello che hanno di più prezioso: il loro tempo libero. Ovviamente non abbiamo bisogno di 200 volontari tutti i giorni, quindi ruotano a turno in base alle disponibilità e alle necessità dell’associazione. Siamo organizzati comunque in modo di garantire sempre il servizio ottimale per i nostri utenti.

Quali sono le aziende che vi sostengono?

Si conoscono probabilmente più i brand delle aziende. Abbiamo circa un centinaio di marchi che ci aiutano. Sul nostro sito li può trovare tutti, e questi nelle varie categorie merceologiche che ci servono a coprire tutti i nostri bisogni: dai prodotti freschi, al pane, i latticini, frutta, verdura, surgelati, scatolame, prodotti secchi e congelati. Oltre alle aziende, abbiamo un ulteriore aiuto tramite le scorte dal progetto europeo GEA. Ognuno di loro è molto prezioso, perché donando riusciamo ad aiutare tutte le persone che vengono da noi. È un ciclo virtuoso e, in un momento come questo, anche molto importante. Noi amiamo la merce dura, perché non siamo strutturati per conservare il cibo. Per esempio se ci chiamasse una grande macelleria che ci volesse dare della carne fresca, noi non potremmo ritirarla per rispettare le norme e i principi igienici.

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Quante volte una persona può venire da voi in una settimana?

Possono venire tutte le volte che vogliono, basta fare la fila e nessuno negherà a loro il sacchetto che noi offriamo. Nessuno controllerà se rifanno la coda. Tutto questo è autoregolato dai nostri stessi utenti. Il nostro motto, che campeggia nelle due sedi ed è stato coniato nello spirito solidaristico della nostra associazione, recita: «Fratello, nessuno qui ti domanderà chi sei, né perché hai bisogno, né quali sono le tue opinioni». Questo per dimostrare che noi non vogliamo prevaricare la dignità delle persone, che da noi si mettono correttamente in fila per ricevere la loro razione alimentare. Non servono autorizzazioni o tessere, chiunque può venire a Pane Quotidiano. Si dovesse mettere ordinatamente in fila anche l’uomo più ricco della Terra, alla fine raggiungerà il diritto di avere il proprio sacchetto. Questo è lo spirito della nostra associazione. Noi siamo nell’ambito del più ampio spirito solidaristico. Noi facciamo solidarietà, non carità. C’è una bella differenza, non solo nelle parole, ma anche nella sostanza.

Quindi nessuna ISEE?

Sgombriamo subito il campo da qualsiasi dubbio: siamo un’associazione laica e apartitica. Noi non facciamo la cernita, chi sì e chi no, non possiamo da un ISEE, non conosciamo la realtà in cui vive quella persona o quella famiglia. Se non capiamo che chi viene al Pane Quotidiano è quello della porta accanto, non andiamo da nessuna parte. Purtroppo quello che ci sta accadendo non sempre corrisponde al vero. Bellissimo il progresso, bellissima la rete, bellissima la globalizzazione, ma quanti vantaggi ci danno? Noi oggi, grazie a un cellulare, possiamo avere cose, fatti, situazioni in tempo reale. Eppure abbiamo perso quell’umanità spicciola, il “chi ci sta accanto”, perché il vero principio di solidarietà è vedere chi ci è vicino, senza dover fare migliaia di chilometri, per cercare dell’indigenza. Altrimenti non avremmo Pane Quotidiano.

Possiamo parlare di povertà a Milano?

Parlare di povertà vera oggi a Milano si può senz’altro fare. Se fino a 15 o 20 anni fa avevamo un target al 95% composto da stranieri, oggi abbiamo un 35% di italiani, e fra questi la fascia più colpita sono gli anziani, che a fine mese con la pensione non arrivano. Ma non gente con 500 euro al mese di pensione, per quelli è una missione impossibile. Stiamo parlando di quelli con 800-1.000 euro al mese. Sono quelli che hanno un affitto, le bollette, i figli disoccupati da aiutare. Le variabili sono molte. Ci sono poi anche quelli che hanno una casa di proprietà. Siamo tornati ai tempi di quando si diceva: «Andiamo a vedere i signori mangiare il gelato». Per queste persone venire da noi e risolvere il problema non è una cosa di poco conto, anche avendo una casa di proprietà. Eccolo qui il famoso ISEE: cosa me ne faccio? Fosse per l’ISEE di certo qui non potrebbero venire!

Come siamo arrivati a questo?

Abbiamo perso potere di acquisto. La pensione da 1.000 euro oggi, confrontandola con gli Anni 90, erano 2 milioni di lire. All’epoca 2 milioni di lire ti permettevano una vita più che dignitosa. Oggi con 1.000 euro non si sopravvive. Eccolo qua lo scarto tra riuscire a vivere andando a fare le vacanze per esempio a Cesenatico a giocare a bocce, e oggi, dove a malapena si sopravvive. Torniamo quindi al nostro motto. In tutto questo, nessuno si prende questa grossa responsabilità. Le variabili oggi, come abbiamo detto, possono essere molte: il dentista, cure mediche, l’auto che si rompe, il figlio disoccupato.

Com’è andato l’ultimo anno?

Abbiamo visto aumentare il flusso di quasi il 10%, rispetto all’anno precedente. A questo ovviamente ha contribuito anche l’aggiunta di persone ucraine, arrivati qui come profughi di guerra. Ce ne siamo accorti, perché chiedevano se potevano mettersi in fila. Speriamo che anche questa cosa finisca presto.

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Siete cresciuti come struttura negli ultimi anni?

In realtà no. Abbiamo dei volontari straordinari, che gestiscono al meglio l’associazione. Abbiamo invece notato un considerevole aumento di volontariato. Qui a Milano c’è gente che è molto ben disposta. Quello che vorrei raggiungere, ma forse resterà un’utopia, è riuscire a convincere la gente a fare volontariato nella porta accanto. Mi fa molto piacere che la gente voglia fare volontariato, ma riuscire ad aiutare le persone più prossime a noi cambierebbe le cose in modo radicale. Perché non c’è solo la povertà, c’è anche il problema della solitudine, che è anche peggio. Il dubbio che alcuni anziani vengano qui a fare la fila perché sono soli, e in coda riescono a passare del tempo con altre persone, c’è. E questo, è ancora più triste, se vogliamo. In una città affollata come Milano.

Cosa vorreste fare, che ancora non avete realizzato?

 Chiudere Pane Quotidiano.

 

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