Da Valdobbiadene, cittadina veneta dov’è nato suo padre, a Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce, paese natale di sua madre. Quasi duemila chilometri a piedi. Obiettivo: rendere visibile una malattia poco raccontata. E raccogliere sostegno morale lungo il percorso.
Quarantaquattro anni, malato di sclerosi multipla, un giorno Michele Agostinetto si è liberato delle stampelle e ha deciso di buttarsi in questa avventura per reclamare maggiori diritti nei confronti di quelli come lui, affetti da una patologia “invisibile”. Nel suo viaggio dal Nord al Sud della Penisola, il 22 giugno ha incontrato Papa Francesco in piazza San Pietro: «È stato un onore che mai mi sarei aspettato nella mia vita. È stato inspiegabile stringergli la mano e sentire le sue parole. Ringrazio di cuore Papa Francesco per avermi dedicato il suo preziosissimo tempo!».
Ripercorrendo la vicenda dall’inizio, Michele parte dalla scoperta della malattia.
La sclerosi multipla – racconta – mi è stata diagnosticata nel 2020, in piena pandemia. Prima di parlare con il neurologo e leggere l’esito della Tac, temevo si trattasse del Parkinson, malattia degenerativa che aveva colpito mio padre in giovane età, morto di fronte ai miei occhi, dopo una vita di stenti. Quando mi hanno detto: Signor Agostinetto, lei ha la sclerosi multipla, ho pensato alla SLA e mi sono subito visto su una sedia a rotelle. Non conoscevo la malattia, ma l’ho subito associata a una disabilità visivamente immediata. Mi è crollato il mondo addosso, ho dovuto interrompere tutto quello che stavo facendo e per qualche mese la mia vita è stata solo una visione completamente drammatica. Non camminavo, ero senza voce con una infezione che mi ha spostato i denti. Senza forze, vedevo poco e avevo fitte lungo tutto il corpo. Avevo anche difficoltà nella minzione, acufeni continui, sintomi che sono preponderanti anche in questo momento. Mi è sempre stata vicina la mia compagna. Non riuscivo a tirarmi su senza le stampelle, prima di iniziare ad alternarle al bastone, che nonna, morta qualche mese prima, mi avevo lasciato. La mia attività commerciale – un piccolo negozio di telefonia e informatica – era già in crisi per un aumento dei costi e un calo di lavoro. La malattia ha stroncato sul nascere il nuovo progetto lavorativo che stavo organizzando. Il 30 aprile scorso la frustrazione si è trasformata in rabbia. Non so perché, non so come sia successo ma, all’improvviso, ho scaraventato le stampelle in salotto. Ero stufo di essere compatito, legato a quegli affari di alluminio e di non poter fare quello che facevo prima.
Così il giorno successivo Michele decide di percorrere i primi 100 metri di quella che poi è diventata la sua nuova vita. «Cento metri senza stampelle, sbandando come un pinguino. Qualche giorno dopo mi sono spinto sino a 300 metri. Poi ho percorso un chilometro. Sono tornato a casa singhiozzando dalla gioia e dallo stupore. La terapia stava funzionando».
Cos’altro è accaduto con la tua malattia?
Uno dei miei problemi principali è la memoria a breve termine. Non ricordo nulla se non me lo segno. Ma i ricordi di infanzia sono ricomparsi prepotentemente. Per giorni ho ricordato quando con mamma e papà andavo in vacanza in Puglia, terra natale di mamma. E un giorno mi è venuta voglia di ritornarci. Da lì è nata l’idea di camminare. Valdobbiadene – Puglia, partire da dove è nato papà e arrivare dove è nata mamma, per ringraziarli di essere qui in questo mondo. In questi giorni fa un caldo che non tollero perché amplifica i problemi di questa malattia, in particolare la stanchezza cronica. Quindi la scelta più giusta è stata di andare a Roma a salutare il Papa, anche perché qualsiasi viaggio spirituale deve passare di lì, per poi partire verso San Giovanni Rotondo in Puglia, dove giace Padre Pio che da vivo era tanto amico di mio nonno, da cui ho ereditato il nome.
Come hai organizzato il viaggio?
Parto dalle montagne e dalle colline dell’Unesco e a questo punto, arrivo al mare della Puglia. Un viaggio pensato a lungo, da solo e organizzato praticamente allo stesso modo, con molte persone che si sono avvicinate, ma che poi si sono tirate indietro. Ebbene sì, ci ho pensato e lavorato talmente tanto che nessuno è riuscito a stare al mio passo. Forse non ci credevano abbastanza, ma io ero e sono motivato. Questo è un cammino in solitaria, non ci sono amici che mi accompagnano costantemente, ma si sono unite tantissime persone nel mio percorso. Spesso mi sento un piccolo Forrest Gump e questa cosa mi fa molto sorridere. I chilometri che sto percorrendo sono in media 26 al giorno. Non sono pochi e non sono per tutti. Io per riuscire a farli – almeno fino a oggi – mi sono allenato per circa 15 chilometri al giorno, ogni giorno per un anno. I dolori sono tantissimi, ora si è aggiunto un problema al ginocchio che mi sta facendo rallentare molto. Con me ho portato uno zaino con il minimo indispensabile per i quattro mesi di cammino, quindici chilogrammi di gioie e dolori.
Perché parli di malattia invisibile?
Questa malattia le altre persone non la vedono fino a quando non ti porta sulla sedia a rotelle. Convivo ogni giorno con spasmi muscolari, infiammazioni varie, insensibilità alle mani, carenza di vista, acufeni continui, difficoltà nella minzione, incapacità di coordinare i ricordi a breve termine, fitte e mal di testa senza tregua. Soprattutto mi porto dietro una stanchezza cronica che è la vera nemica e per la quale non esiste alcuna cura. Sto meglio affrontando tutto con il sorriso, che spesso questo viene scambiato per benessere. E invece io voglio solo trasmettere felicità e gratitudine. Sensibilizzare a una malattia invisibile è quasi impossibile, ma bisogna provarci.
Molti malati danno per scontato che la propria vita finisca con una diagnosi, ma non bisogna chiudersi e pensare solo a questo. Più tempo si trascorre nella depressione e disperazione e più tempo servirà per riprendersi, mentalmente e fisicamente. Nulla nelle nostre vite capita per caso. Le malattie sono prove che arrivano per essere superate o accolte. Non è detto che si possa fare qualsiasi cosa come prima, ma con tempi e modi differenti, si può ottenere quasi tutto. Il messaggio per tutti i miei amici malati è: Resistete!
Dove ti riposi durante il viaggio?
Per tutto il Veneto ho dormito in posti pagati da Unesco delle colline del Prosecco che ha deciso di sostenere questa impresa. Per l’Emilia Romagna devo ringraziare Martina Bertelle, amica e assessora del Comune di Valdobbiadene che mi sta aiutando a trovare gli alloggi nei comuni che attraverso. Non è scontato né facile poiché non sono un pellegrino, ma un disabile. Anche Confagricoltura ha abbracciato il mio progetto. In altri posti come Roma, ho avuto l’onore di essere ospitato dalla Fondazione Gaia Von Freymann, in Puglia da Enopolio Daunio di Foggia e dalla Asd Amici di Barletta, che stanno parlando della mia storia. Per altri posti utilizzo il passaparola. Se non riesco a ricevere ospitalità, uso i soldi ricevuti della raccolta fondi di “Un Viaggio Da Sclero”. Stessa cosa per i pasti e le spese di sostentamento quotidiane. Un aiuto concreto è arrivato anche da parte dell’Azienda Taopatch – che mi ha donato dei dispositivi medici posturali, importanti per il mio cammino – da Scarpa spa che mi ha regalato le scarpe per il viaggio, da Asd Take Your Time che ha appoggiato per prima Un Viaggio da Sclero.
E ancora, Eliocartotecnica di Montebelluna mi ha dato un importante contributo economico, la farmacia comunale Dalla Costa mi ha donato tutto quello che serve per il fabbisogno medico, RR optical lenti e occhiali specifici. Potrei andare avanti per ore a ringraziare tutti gli aiuti che mi sono arrivati, ma concludo questo capitolo con un doveroso grazie a tutti quelli che hanno donato attraverso il crowdfunding, PayPal e IBAN. Senza di loro non avrei avuto la spinta morale per alzarmi e iniziare a camminare in questo viaggio.
Intanto il viaggio sotto il sole continua. Michele, che combatte contro il caldo di questi giorni, per rispettare il cronoprogramma, si alza tra le 4 e le 5 di mattina. Dalla partenza – avvenuta a Valdobbiadene il 1° maggio – Michele farà in tutto 87 tappe (Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Lazio e Campania) fino in Puglia, a Santa Maria di Leuca, il cui arrivo è previsto per il 22 agosto.
«A Roma mi aspettavano mia madre e mia sorella. La mia compagna Stella, alla quale devo tutto ciò che sono ora, quella che mi ha dato il suo benestare, è preoccupata per quello che sto facendo. Si sta occupando della casa e del nostro cagnolino Johnny».
Il viaggio, lo sai, non ti curerà. Allora, cosa ti aspetti?
Sono partito con uno zaino pesante, ma tornerò con un bagaglio di conoscenza e amicizie ancora più grande. Fino ad oggi, ho ricevuto visite da tante persone prima sconosciute, ora nel mio cuore. Ogni sera carico un filmato su YouTube per raccontare cosa mi succede durante il viaggio. Questo mi permette di avere un ricordo delle persone e dei luoghi che ho visitato e vissuto e servirà per concludere il libro che ho già iniziato a scrivere per me l’anno scorso. Non so se sarò in grado di pubblicarlo, ma per me sarà un dono prezioso. Se qualcuno vuole aiutarmi, può farlo. Può ospitarmi se ha un posto o cercare un alloggio. Tutte le tappe e gli aiuti sono raccolti nelle pagine di Un Viaggio da Sclero. Grazie alla geolocalizzazione sul sito, in molti mi raggiungono e vengono a salutarmi nel percorso, mi portano un panino o qualche crema perché hanno visto che mi fa male qualcosa. Cos’altro potrei chiedere di più? Non avrei mai pensato di ammalarmi, interrompere la mia vita, doverla cambiare, anzi, sconvolgere. Ora sta accadendo e so che presto avrò più chiaro il motivo per cui sono qui, in questo mondo, che pensavo malato più di me, ma che ora mi sta dando solo felicità.