Paolo Pagone, psicologo: «Ludopatia? Una dipendenza che colpisce a tradimento i giovani più fragili»

di Francesco Bia
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Esistono specifiche associazioni che – attraverso reti di intervento, campagne di prevenzione e percorsi terapeutici – trattano la ludopatia e cercano di porre rimedio ai guasti che l’eccesso del giocare d’azzardo causa ai giovani giocatori e ai loro genitori. CSR Stars ha incontrato Paolo Pagone, psicologo e coach.

Lo scorso ottobre l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha pubblicato “Il Libro Blu per il 2021”, la pubblicazione annuale che riporta i dati principali sul mercato del gioco d’azzardo legale in Italia. Dalla scheda di sintesi pubblicata dall’Osservatorio Parlamentare di “Avviso Pubblico” emerge che il denaro giocato in Italia nel 2021 è aumentato del 21% rispetto al 2020, attestandosi di 111 miliardi di euro.

Secondo i dati elaborati nel 2022 dall’agenzia specializzata Agipronews, scommesse, gratta e vinci – ma soprattutto poker e casinò online – faranno tornare gli incassi del gaming a livelli pre-Covid. Lo Stato infatti riscuoterà circa 10,3 miliardi di euro, 9% in meno rispetto al 2019 (11,3 miliardi) ma superiore al 2021 (+22 %).

Per conoscere meglio la ludopatia, identificare i sintomi e individuare le opportune strategie terapeutiche di riabilitazione, CSR Stars ha incontrato Paolo Pagone, psicologo e coach.

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Quali sono i sintomi tipici della ludopatia?

Purtroppo, la dipendenza da gioco d’azzardo è spesso “egosintonica”. La persona non sa o non si accorge di avere un problema ed è la cerchia di amici e di affetti la prima ad avere segnali di allarme: o perché testimoni del comportamento o perché testimoni del sintomo economico (per esempio richieste di prestiti). Il gioco d’azzardo ha assunto significatività clinica in tempi recenti. Nei manuali psicodiagnostici è da circa dieci anni che il disturbo da gioco d’azzardo è stato inserito nella categoria delle dipendenze non correlate ad uso di sostanze: pur non essendoci l’introduzione di molecole psicotrope (come nel caso degli stupefacenti), gli effetti sul cervello delle persone che affrontano questo problema sono gli stessi.

Come agisce sul cervello?

Qui parliamo del coinvolgimento del cosiddetto “circuito del piacere” o “circuito della ricompensa”, ossia un insieme di collegamenti neurali in alcune specifiche aree del cervello, che porta forte gratificazione quando si attiva. Questo insieme di neuroni, elicitati da un neurotrasmettitore chiamato dopamina, è indispensabile alla sopravvivenza evoluzionistica dell’essere umano e si attiva ogni qualvolta sperimentiamo un’attività positiva piacevole (per esempio mangiare un buon cibo, fare un bagno caldo, prendere un buon voto a scuola, avere rapporti sessuali con una persona che ci piace, giocare): l’utilità è semplice, quando faccio qualcosa di bello, provo piacere e sono incentivato a rifarlo. Tuttavia, il cervello non è in grado di discriminare tra comportamenti funzionali e disfunzionali e quindi tende ad accorpare nello stesso calderone qualsiasi cosa crei piacere, anche se questa è di fatto dannosa o pericolosa. Per questo una qualsiasi attività piacevole può diventare una dipendenza.

Come si differenzia il gioco d’azzardo da altre dipendenze?

Nonostante ci siano delle specifiche dipendenze codificate, qualsiasi cosa può diventare una dipendenza se soddisfa tre macro-criteri:

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Photo: iStock / sqback

Alto craving: la voglia spasmodica di fare/assumere ciò che crea piacere
Assuefazione: il bisogno di aumentare la frequenza o l’intensità del comportamento per mantenere il piacere allo stesso livello
Astinenza: non basta solo ricercare attivamente il piacere, ma ci deve essere anche un disagio o una sofferenza quando si è impossibilitati a fare/assumere ciò che crea piacere

Nello specifico del gioco d’azzardo, il piacere è creato dal senso di scoperta e curiosità di sapere se abbiamo vinto un premio e il rilascio della dopamina avviene sia durante l’attesa (per esempio mentre la roulette gira) sia come rinforzo positivo quando scopriamo che abbiamo vinto. Questo rinforzo è fondamentale, perché è ciò che calcifica la dipendenza: è quindi necessario che avvengano delle vittorie per far sì che la dipendenza dal comportamento d’azzardo si manifesti. Il premio in palio e il contesto in cui si va a giocare riattivano il circuito del piacere in riferimento al ricordo di quelle volte in cui si ha vinto nel passato. In caso di sconfitta e di delusione, il cervello porta a perpetuare il comportamento d’azzardo sia per rivivere il brivido stesso dell’azzardo come a pochi minuti prima, sia per provare a recuperare la perdita (spesso in denaro) avvenuta nella partita precedente.

Ci sono reazioni collaterali?

Dal punto di vista emotivo nascono sensazioni spiacevoli come vergogna, depressione, aggressività, isolamento sociale, atti criminali come furti, perdita di denaro, perdita del lavoro, relazioni affettive disfunzionali, ecc. È importante ricordare che non tutti i giochi dove ci sono soldi in palio sono d’azzardo. Il gioco d’azzardo dipende al 100% dal caso e non prevede l’influenza del giocatore: la roulette, la tombola, il bingo, il gratta&vinci, la lotteria sono tutti giochi d’azzardo. Il poker, invece, per esempio, non è un gioco d’azzardo ma un gioco di strategia, poiché dipende sia dalla “fortuna” sia dalla “bravura” del giocatore. Questo non vuol dire che il poker, come i videogiochi siano innocui, ma le dinamiche di intervento sono sicuramente diverse.

C’entra comunque il brivido provocato dal vincere o perdere?

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Photo: Unsplash / Carl Raw

Per la psicologia positiva, la spiegazione della dipendenza da gioco d’azzardo risiede nello stato di flow, ossia quella sensazione di completo focus sull’attività, di perdita del senso dello spazio e del tempo e di esperienza di puro piacere in cui il “circuito della ricompensa” dopaminergico sicuramente fonda il suo funzionamento. Come Yumeko la protagonista dell’anime giapponese “Kakegurui” su Netflix, l’esplorazione della parte ludica, l’entrare nelle dinamiche strategiche e il “brivido” di vincere/perdere portano a vivere momenti di puro piacere, ma quando queste prevedono degli “effetti collaterali” gravi, dannosi e pericolosi è tempo di correre ai ripari.

Quali sono le strategie terapeutiche più efficaci per trattare la ludopatia?

In ottica di prevenzione, ciò che aiuta al disincentivo di comportamenti riconducibili alle dipendenze è la ricerca di comportamenti funzionali che portano allo stato di flow (per esempio hobby stimolanti e significativi). Conta anche il contatto con una cerchia di amici intima e affettivamente importante. Ad esempio, stare in un ambiente stimolante è indispensabile, in quanto la scoperta, l’apprendimento, il gioco sano, i micro-obiettivi, gli amici sinceri, lo scambio alla pari, la coltivazione degli affetti, il ridere e lo scherzare alimentano il circuito del piacere e stimolano lo stato di flow.

Come entra in gioco la psicoterapia?

In un famoso esperimento sono stati ricreati due ambienti diversi per dei topolini: in uno vi erano situazioni divertenti (giochini, tunnel, ruote, attività ricreative), nell’altro i topolini erano deprivati di tutto. Inserendo una sostanza, i topolini deprivati di stimoli erano più propensi ad assumere la sostanza, diventando aggressivi tra di loro. Questo a dimostrazione che un ambiente stimolante previene il desiderio di “sballo”. La dipendenza diventa una forma di auto-medicazione disfunzionale contro uno stato di disagio e deve essere sempre presa in considerazione come un sintomo di qualcosa di più profondo. Per questo la psicoterapia diventa indispensabile in caso di dipendenza: in primis per bloccare il comportamento nocivo (eventualmente con supporto farmacologico) e in secondo luogo per andare più in profondità alla ricerca di sofferenze che la dipendenza ha cercato di tamponare.

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Photo: iStock / francescoch

“Vinciamo il gioco”, reti di intervento e percorsi terapeutici

Sono diverse le associazioni senza scopo di lucro che sostengono i giocatori di azzardo e le loro famiglie in un percorso di prevenzione. Tra queste, Vinciamo il gioco”, che opera a Milano da oltre 15 anni. Agli inizi l’associazione si è dedicata ad analizzare la dipendenza e a studiare le manifestazioni e i bisogni di intervento. Alla luce dei numeri vertiginosi segnalati negli ultimi anni in Italia, si è definito un programma d’intervento che comprende l’informazione, la prevenzione, il percorso terapeutico e l’assistenza legale.

Fra gli obiettivi dell’associazione non c’è solo il proposito di scoraggiare l’approccio al gioco. Un’idea valida è quella di ricondurre i giovani al valore della cultura “della fatica” in sostituzione dell’apparente guadagno facile. Oltre a questo i volontari si occupano dell’assistenza completa a giocatori e famiglie, aiutandoli a proteggere il patrimonio, il lavoro e la dignità socio-personale. Da questo principio nasce il nome dell’associazione: «Al giocatore patologico e ai suoi famigliari offriamo un percorso che possa portarli ad affermare: abbiamo vinto il gioco

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