Sperimentare un modello di integrazione, che utilizza lo sport come veicolo di aggregazione e di inclusione: è questo l’obiettivo del torneo calcistico Integration League, organizzato da Lega Pro, con il supporto di UNHCR e Project School.
Intervista a Francesca Buttara, responsabile Relazioni Istituzionali e Comunicazione di Lega Pro, che ci parla del progetto, dei suoi obiettivi e la sua mission.
Integration League: è un “semplice” torneo misto tra rifugiati e comunità locali o un possibile modello di inclusione sociale?
Quando, insieme a UNHCR e Project School, abbiamo immaginato di aderire all’Integration League, siamo partiti da una consapevolezza comune: il calcio è uno strumento che ha un potere straordinario dal punto di vista sociale ed educativo. Parla un linguaggio universale, smuove i sentimenti più profondi delle persone, appassiona sia chi lo pratica, sia chi lo segue. Abbiamo pertanto pensato che, mettendo il calcio a disposizione di chi vive situazioni di vulnerabilità, questo potesse diventare anche un linguaggio, in grado di mettere in comunicazione le persone e favorire le relazioni. Attraverso Integration League sarà possibile entrare in contatto con culture diverse e cimentarsi in una sana competizione agonistica con la quale sviluppare il senso di spirito di squadra e condividere un tessuto di valori. Per Lega Pro si tratta di una esperienza del tutto nuova, resa possibile grazie alla collaborazione di otto club di Serie C – Reggiana, Ancona, Fidelis Andria, Cesena, Feralpisalò, Virtus Francavilla, Monopoli e Potenza – che si sono dimostrati particolarmente attenti e sensibili alla causa. È grazie a loro che questo modello di integrazione prende forma e direi sostanza.

Francesca Buttara
Qual è la filosofia e quali sono le principali attività del progetto?
L’Integration League è un progetto che combina insieme una dimensione agonistica con una serie di attività di tipo sociale. Le squadre saranno formate da sedici giocatori, otto tra rifugiati e richiedenti asili, e otto locali. Si alleneranno nelle strutture sportive messe a disposizione dai club e, ultimata la fase di preparazione, disputeranno un vero e proprio torneo con 15 partite secche. Contestualmente, il progetto prevede l’organizzazione sul territorio di una serie di iniziative di sensibilizzazione sui temi dell’integrazione: parleremo soprattutto ai ragazzi, entrando nelle scuole, e alle associazioni sportive. È un modo per intervenire sui territori coinvolgendo non solo i giocatori delle squadre ma i tifosi e tutta la comunità locale: la passione per uno degli sport più amati diventa apripista per un percorso collettivo. Inoltre, anche sulla scorta di quanto avviene in diversi Paesi europei, organizzeremo le “human libraries”: immaginate se, anziché leggere una storia, questa vi venisse raccontata direttamente dalle persone che l’hanno vissuta. Ecco, questo è ciò che accade nelle “librerie viventi” dove si lascerà spazio ai rifugiati per immergersi nelle loro realtà e comprendere meglio il loro vissuto.
Che significato ha avere due partner importanti come UNHCR e Project School? In che modo siete supportati dall’Unione Europea?
Con UNHCR e Project School ci siamo scelti – e trovati – per affinità elettive. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, con il quale avevo avuto già modo di lavorare ad un progetto di assistenza sanitaria dei rifugiati in Libano, è un punto di riferimento nel mondo, impegnato da sempre in prima linea a salvare vite umane e proteggere i diritti di milioni di persone. L’esperienza di UNHCR consente di avere un contatto diretto sul territorio con tutti i centri e le cooperative sociali che offrono servizi e assistenza ai rifugiati. Project School è una realtà giovane e molto promettente, nata da una idea di due miei colleghi universitari, Antonio Dell’Atti e Luigi Della Sala. Grazie alla loro esperienza, siamo riusciti a costruire un progetto ad impatto sociale che è stato reputato valido e meritevole di attenzione da parte della Commissione Europea, aggiudicandoci così il bando “Lo sport come strumento per l’integrazione e l’inclusione sociale dei rifugiati”. Sono le persone a fare la differenza: costruire questo progetto con professionisti e amici è per me un valore. L’Unione Europea ci supporta prima di tutto dal punto di vista finanziario, inoltre ci accompagna lungo il percorso fornendo supporto costante per la migliore riuscita del progetto.
Il calcio – e lo sport in generale – può essere inteso come simbolo di inclusione sociale, occasione di riscatto e aggregazione. Lega Pro e FIGC come si muovono in questo ambito?
Lega Pro opera in un quadro di coerenza con le attività della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Per restare in tema, mi fa piacere citare il progetto Rete! una bellissima iniziativa che FIGC, attraverso il settore giovanile e scolastico, sviluppa dal 2015. È rivolta ai minori stranieri in Italia, ospiti del sistema di accoglienza nazionale, e si configura come una sorta di accompagnamento nella fase di transizione alla maggiore età, con i ragazzi che hanno la possibilità di giocare a calcio, di crescere, e di entrare in contatto con una serie di realtà a livello locale, non solo sportive. Nel 2022 il progetto si è arricchito con l’avvio di un corso di formazione su sport e integrazione per gli operatori dei centri di accoglienza. Questa è solo una delle numerose iniziative che FIGC porta avanti, è chiaramente molto impegnata su tutti i temi sociali con risultati importanti. A dimostrazione che il gioco del calcio ha un ruolo importante nel tessuto sociale del territorio e della società.
Quali sono le attività di educazione e formazione dei ragazzi di Lega Pro? Avete progetti con le scuole?
In questo passaggio la parola che sottolineo è territorio. La forza della Serie C è proprio quella di essere presente in modo capillare su tutta la penisola, da nord a sud, con almeno una squadra in quasi in tutte le regioni italiane. Questa capillarità ha permesso a Lega Pro di costruire, grazie ai suoi 60 club, un percorso nel quale si è posizionata come la Lega del “calcio che fa bene al Paese”, con centinaia di iniziative sociali sugli spalti e fuori. In questo percorso le scuole rappresentano un punto nevralgico del sistema. Lega Pro collabora con scuole e università su diversi progetti con lo scopo di parlare ai più giovani e di dare loro strumenti di conoscenza sui temi sociali più disparati. Solo per fare un esempio, con l’Università Luiss Guido Carli, il Movimento per l’Etica, la Cultura e lo Sport, e l’Associazione di Sport Cultura e Tempo Libero, da diversi anni sviluppiamo il progetto “I semi dell’etica”. Ci rivolgiamo alle scuole secondarie di secondo grado per realizzare un percorso di formazione e riflessione sulla cultura dell’etica, sui valori fondamentali nello sport e nella vita quotidiana come la lealtà, la tolleranza, il rispetto e l’amicizia. È un progetto nel quale Lega Pro crede molto.