Utilizzare percorsi artistici per lanciare messaggi eco-sociali. Siamo entrati nel mondo dei Barabubbles, che corrispondono ai quattro stili di Jung: il giudizioso, l’energico, l’inguaribile ottimista e il grande ascoltatore. «Quello dell’arte è un cammino che dovrebbero fare anche gli adulti, ritrovando il bambino che è in loro, e abbracciarlo».
Isabella Mandelli, artista e amministratore delegato per l’Italia di una grande multinazionale leader nel settore sanitario, in autunno ha tenuto a Roma una mostra dal titolo “Il Festival Barabubbles”, presso gli spazi di Cosmo, nel quartiere Trastevere. Un’arte, quella dei suoi personaggi, che definisce eco-sociale. CSR Stars l’ha incontrata per conoscerla meglio.
Chi sono i Barabubbles e come è nata l’idea?
Premetto che ho avuto la passione per la pittura fin da quando ero piccola, da quando avevo cinque anni. Sono sempre stata visionaria, vedevo i miei personaggi e li disegnavo. Sette anni fa circa, durante una convalescenza per problemi di salute, m’incantai davanti a un quadro di Pietro Spica, che ho nel salotto. Mi colpì così profondamente, che volli incontrarlo. Lo conobbi e divenne il mio maestro; con lui ho appreso l’arte dell’acquarello, che non ho più abbandonato. Dipingendo e immaginando mi sono venuti in mente i quattro protagonisti principali del mondo dei Barabubbles, che corrispondono ai quattro stili di Jung: il giudizioso Finolu, l’energico Barabà, l’inguaribile ottimista Oco, il grande ascoltatore Boda. Successivamente, sono nate le altre figure acquatiche, draghi e oggetti antropomorfi che compongono le storie dei Barabubbles.
In un’intervista ha definito il mondo dei Barabubbles inclusivo. In che modo la sua arte può aiutare la società attuale e fare la differenza?
Sì, mi definisco un’artista eco-sociale, perché quello che racconto attraverso i Barabubbles non si ferma sulla tela, ma cerca di uscire fuori per dare dei messaggi forti e importanti come la fluidità, la disabilità, il rispetto per gli altri e per l’ambiente. I Barabubbles sono personaggi dai colori tenui, che emanano armonia: osservandoli, l’armonia si trasforma e fluisce in cura per gli altri e per l’ambiente. Sono personaggi fluidi, che non hanno un genere, qualcuno non ha una gamba, ma hanno un’anima. Attraverso le caratteristiche personali dei miei personaggi cerco di portare dei messaggi forti, come la fluidità, la disabilità, superare le etichette, che solo attraverso l’arte possono arrivare alle persone.
Come avvicinare le giovani generazioni all’arte e a questi temi?
Durante la mostra romana insieme alla mia amica grafologa, Nadia Tresoldi, abbiamo realizzato un laboratorio creativo per bambini dai 6 ai 10 anni, avvicinandoli all’arte attraverso la postura e quindi il movimento. Grazie alla loro sensibilità e flessibilità, hanno realizzato alcuni disegni da cui emergeva la loro spontanea inclusività e apertura verso gli altri. Un esempio? Se una persona è “strana”, secondo loro ha un valore aggiunto, non è inferiore rispetto agli altri. I bambini sono molto più aperti e inclusivi di quello che pensiamo, anche rispetto a noi adulti: da loro si può solo imparare. Quello dell’arte è un cammino che dovrebbero fare anche gli adulti, ritrovando il bambino che è in loro, e abbracciarlo. In questo modo si guarderebbe il mondo con gli occhi appunto dei bambini, aperti e inclusivi. E sarebbe sicuramente un mondo migliore.
Quali sono i progetti futuri per i Barabubbles e suoi?
I Barabubbles continueranno le loro avventure. In questo momento, oltre a dipingere, sto lavorando nei miei atelier tra Milano, Rapallo (Genova) e Roma, e attualmente sto realizzando una mostra a Hong Kong, ma non escludo che l’anno prossimo ce ne siano altre in Italia, comprensive di laboratori per piccoli e grandi…