Intervista a Cristiana Guerra, responsabile di un’associazione che si occupa di educare e includere i minori vittime di abuso e abbandono: «Oltre a offrire un ambiente protetto e familiare, valorizziamo le competenze relazionali e sociali dei ragazzi, lavorando in sinergia con la scuola e lo sport».
I Paguri Onlus accoglie i bambini allontanati dal proprio nucleo familiare. La struttura residenziale ospita i minori di entrambi i sessi in età scolare, in prevalenza vittime di fenomeni di maltrattamento, abuso e abbandono. All’interno sono accolti un massimo di sei minori con residenzialità e c’è una camera PAM (Pronto Assistenza Minori) per garantire il rispetto dell’individualità, dei bisogni psico – affettivi e la protezione da eventuali comportamenti intrusivi o addirittura violenti. I Paguri Onlus è una realtà sociale voluta dall’esperienza di un gruppo di professionisti del settore dei traumi all’infanzia, situata all’interno del centro residenziale della tenuta dell’Azienda Agricola Boccea, a pochi chilometri dal Grande Raccordo Anulare di Roma.
Con Cristiana Guerra, responsabile de I Paguri Onlus, vogliamo comprendere questa situazione sociale per conoscere le criticità che possono influenzare il futuro dei minori.
Perché nasce I Paguri Onlus?
I Paguri Onlus nasce dopo anni di lavoro delle due socie in altre case famiglia con il desiderio di creare quel luogo di accoglienza ideale maturato con l’esperienza. Nel percorso si era unita una donna eccezionale che aveva preso in affido una ragazzina all’epoca di 13 anni, mentre ora è sposata con figli. Purtroppo un brutto male l’ha portata via dopo appena un anno dall’apertura.
Qual è il suo ruolo all’interno della Onlus?
Sono la Responsabile della Casa Famiglia. Ai Paguri i ruoli sono formali perché nella sostanza amiamo tutti stare con i ragazzi e creare un clima che riproponga dinamiche familiari anche se peculiari.
Dov’è nata la passione per il terzo settore?
Il mio interesse per questa realtà ha radici profonde. Ho avuto infanzia e conseguentemente il resto della vita senza padre e con una madre occupata a mantenere i figli, perciò poco presente, e per questo molto provata. Credo di aver sviluppato una sensibilità verso questo tipo di mancanze molto forte. Chi fa questo lavoro per anni lo fa anche per se stesso per confermare che ce la si può fare se c’è chi ci tende una mano nei momenti di difficoltà. Senza tener conto che dovrebbe essere dovere di ogni singolo adulto: tutelare l’infanzia – specie quella ferita.
Quali sono i progetti e iniziative da promuovere attraverso la Onlus?
I progetti della Onlus hanno previsto l’apertura di un piccolo appartamento di “semi-autonomia” per quei ragazzi che dopo i 18 anni non hanno possibilità di rientrare in famiglia e meno che mai cavarsela da soli. Stiamo cercando di aprire, ma per adesso i costi sono ancora ingenti, un centro per gli incontri protetti. A tutela dei minori accolti e per le famiglie di origine. È fondamentale provare a garantire un continuum con i familiari qualunque essi siano in qualunque stato siano.
Le criticità in cui crescono i bambini nel XXI secolo?
Nell’attuale momento storico, rispetto al 2000 quando ho iniziato questo lavoro, i ragazzi vivono in una società iper velocizzata ed esageratamente tecnologica. Sono in aumento le diagnosi di iperattivismo, discalculia, disgrafia, disturbi di attenzione, disturbi nella socializzazione, senza parlare soltanto di bambini di Casa Famiglia. Tutti i ragazzi hanno una forte dipendenza dai telefonini; per questo motivo cerchiamo di ritardare l’ingresso in struttura proprio di questi apparecchi il più possibile, mentre successivamente cerchiamo di regolarne usi e costumi. Non è semplice.
Che esperienza ha avuto con il digitale durante la raccolta delle donazioni?
La mia esperienza di raccolta fondi è su piccola scala. Sono affezionata al concetto di umanità e di toccare con mano. Abbiamo delle persone care che ci supportano al momento del bisogno come possono. Sanno chi siamo e come lavoriamo perché lo abbiamo raccontato durante eventi organizzati a questo scopo. Sicuramente sarebbe buono per noi poter raggiungere più persone e magari in futuro chissà.
Paguri Onlus come contribuisce all’educazione dei bambini allontanati dal proprio nucleo familiare?
Educhiamo a tirare fuori il meglio da ogni bambino tenendo conto della base che abbiamo per lavorare. Quindi cerchiamo di valorizzare le competenze relazionali e sociali, rispettando e metabolizzando le regole di civile convivenza. Lavoriamo anche in sinergia con la scuola, grande agenzia educativa per eccellenza, e inoltre ci teniamo che ogni minore pratichi lo sport perché è un’occasione di educazione da non tralasciare.
Qual è la sua opinione sulla Responsabilità Sociale delle Imprese?
Sarebbe auspicabile promuovere un costante dialogo con le altre associazioni sociali, per diventare maggiormente collaborativi durante il prezioso lavoro sociale che svolgiamo quotidianamente.
Che esperienza ha maturato con le imprese che gestiscono le problematiche d’impatto sociale ed etico al loro interno e nelle zone di attività?
Comincio il mio lavoro come educatore professionale all’interno di diverse strutture educative, come case famiglia per minori e case famiglia madre-bambino. Dal giorno in cui svolgo questa professione ho compreso il processo di adattamento del minore nella fondamentale importanza del lavoro di rete (assistente sociale, tutori, curatori, giudice e altre figure istituzionali di riferimento), senza dimenticare la progettualità del team educativo applicata al bambino-ragazzo. Non solo. È anche fondamentale salvaguardare, quando possibile, il rapporto con la famiglia di origine del minore. Tutto ciò diventa estremamente rilevante perché il bambino-ragazzo accolto ha bisogno di percepire la cura e l’interesse verso la situazione che lo ha condotto nella comunità.