Intervista ad Enrica Baricco, fondatrice e presidente di CasaOz, la onlus torinese a disposizione delle famiglie in cui vi sia un bambino malato. «È indispensabile che la collaborazione tra profit e no profit diventi fondamentale e non occasionale».
CasaOz nasce nel 2005. Ci può raccontare CasaOz di allora e CasaOz di oggi? Quanto e come è cresciuto il progetto?
CasaOz nel 2005 era solo un pensiero. Ci vollero 2 anni di gran lavoro per riuscire a renderlo reale: CasaOz ha aperto le sue porte nel maggio del 2007. Il pensiero era di realizzare un luogo che potesse essere utile per le famiglie con bambini malati affetti da qualsiasi patologia, con l’obiettivo di arrivare ad aiutare chi stesse affrontando una situazione difficile come quella della malattia. Un luogo da frequentare quotidianamente per imparare a fare delle cose, ma anche per stare semplicemente a CasaOz e trovare un momento di appoggio e di relazione con gli altri.
Da allora sono cambiate sicuramente tante cose. Abbiamo iniziato con poche famiglie, oggi le persone che abbiamo accolto ed aiutato sono già più di 2.300 e in questo momento ci stiamo prendendo cura in modo più intenso di circa 100 famiglie. Il progetto è cresciuto non solo nelle dimensioni, poiché nel 2009 abbiamo costruito una nuova CasaOz praticamente 3 volte più grande di quella iniziale ospitata al Villaggio Olimpico di Torino, ma anche nell’aumento dei numeri di famiglie che siamo riusciti ad aiutare. Il servizio è divenuto maggiormente conosciuto, abbiamo avuto modo di diffondere il suo operato, di contattare ospedali, associazioni con cui abbiamo interagito, e dunque i numeri sono cresciuti.
In questi 15 anni abbiamo acquisito anche maggior esperienza nel pensare e disegnare cosa potesse essere utile ai bambini in situazione di malattia, che porta lontano da una quotidianità di vita rassicurante. Insomma, oltre che cresciuti siamo ‘maturati’.
Quanto e come collaborate con le aziende?
La relazione con il corporate è sempre stata molto importante soprattutto perché noi fondatori arriviamo proprio dal profit, sappiamo dunque quanto sia importante il coinvolgimento delle aziende. Ad oggi CasaOz è sostenuta per un terzo proprio da aziende che operano attraverso attività e progettualità a volte portate avanti in collaborazione con noi e secondo piani pluriennali, a volte più mirate ad un obiettivo specifico, e quindi si tratta di collaborazioni limitate nel tempo.
Siamo concentrati soprattutto nella costruzione di percorsi che possano durare nel tempo. La continuità nell’aiutare realtà come le nostre, che quotidianamente hanno a che fare e pongono al centro le persone, è molto importante. Noi, così come altre realtà che lavorano nel sociale, non chiudiamo mai, dobbiamo rispondere a esigenze sempre più impellenti della società e delle famiglie. Chiediamo, per questo, al mondo corporate di essere al nostro fianco sempre, costruendo e facendo crescere il suo impegno nelle modalità e nelle quantità di collaborazione che instaurano con noi.
È indispensabile che la collaborazione tra profit e no profit diventi fondamentale e non occasionale. Crediamo che ci sia molto da fare, però riconosciamo che molto è già stato fatto in questi anni. Se siamo qui come CasaOz è anche grazie al fatto che molti imprenditori, manager e dipendenti aziendali si siano sensibilizzati, ci abbiano cercato e ci abbiano tenuto molto a continuare un percorso con noi.
Come è cambiato in questi anni il mondo della Responsabilità sociale d’impresa?
È cambiato nel senso che le aziende, il mondo corporate, oggi si fa più domande, e pensa che l’aiuto strutturato e non improvvisato, possa essere davvero parte cardine della propria attività imprenditoriale. Per esempio, è cambiato il coinvolgimento dei dipendenti delle aziende a beneficio di CasaOz o di organizzazioni come la nostra. I dipendenti non sono solo due mani, due braccia, due gambe per poterci aiutare a fare delle cose, ma possono mettere in gioco le proprie professionalità.
Ci tengo a specificare che anche il mondo del no profit ha fatto salti da gigante in questi anni, potendo contare ora su personale altamente professionalizzato per il lavoro che svolge, esattamente come un’azienda qualsiasi. È in questo scambio di professionalità e competenze che l’aiuto fornito dal mondo del corporate è stato, ed è, e spero che sarà sempre di più, proficuo.
È chiaro che attività come la nostra hanno bisogno però di denaro per sopravvivere. Non basta l’aiuto, non basta la formazione, ma ovviamente c’è una grande necessità di denaro per poter costruire, e poi erogare il servizio per cui siamo nati. Questa molteplicità di aiuti e di interazioni tra il mondo profit e no profit in questi ultimi anni si è molto sviluppata, ma c’è ancora da fare un passo ben più lungo e accelerato.
Prima CasaOz, poi sono arrivati i MagazziniOz, uno splendido spazio caffetteria, ristorante ed emporio, dove sono impiegate persone diversamente abili al 50%, qual è il prossimo spazio “Oz” in arrivo?
Nel 2014 abbiamo pensato ai MagazziniOz come una sorta di fratello di CasaOz. Nati in pieno centro a Torino, i MagazziniOz, hanno una vocazione diversa, ma l’obiettivo era di portare la voce di CasaOz altrove, a più persone possibile, di raggiungere più aziende per una maggiore riconoscibilità, e di conseguenza, un maggiore aiuto. Volevamo intensificare la rete di supporter e offrire a nostra volta un supporto per una risposta sociale impellente.
CasaOz rivolge i suoi servizi a bambini e ragazzi fino a quando si affacciano all’età adulta, poi le necessità cambiano e c’è bisogno di un aiuto diverso. Da qui l’esigenza di offrire orientamento e formazione, e poi inserire lavorativamente i ragazzi svantaggiati a cui insegnare un lavoro, portandoli ad una loro autonomia di vita che, come possiamo immaginare, è un gran beneficio per loro e per le loro famiglie, oltre che un diritto.
Detto questo, abbiamo 2 pezzi del mondo Oz, CasaOz e MagazziniOz, che abbiamo portato avanti in questi anni, che interagiscono l’uno con l’altro, che danno spunti e messaggi diversi ma altrettanto importanti. Ci aiutano a gettare lo sguardo oltre il presente. Leggendo sul territorio le necessità crescenti dei ragazzi con disabilità, ci vengono spunti quasi quotidianamente. Ci piacerebbe pensare ad un altro mondo di Oz che possa all’interno accogliere anche patologie diverse rispetto a quelle trattate fino ad oggi, come ad esempio disturbi alimentari, o afferenti alla sfera della neuropsichiatria, problematiche richiedono risposte nuove, portando comunque sempre avanti quelli che sono stati i primi passi di CasaOz e MagazziniOz.
Per tutti i vostri progetti è necessaria un’importante azione di fundraising. Ci potreste raccontare come sviluppate la vostra strategia raccolta fondi?
CasaOz non può svolgere attività commerciale. Per riuscire a mantenerci non possiamo fare altro che raccogliere, nei modi più diversi, le risorse di cui abbiamo bisogno per mantenere il servizio. Da un lato c’è la necessità che la spesa non superi certi tetti, dall’altro c’è lo sforzo di diversificare gli strumenti per raccogliere i fondi. L’obiettivo che ci poniamo è intercettare persone interessate ai nostri progetti, fare in modo che si appassionino a tal punto da iniziare a sostenerci.
Alcuni strumenti di raccolta fondi sono più classici come, ad esempio, il 5 per mille, o i bandi che vengono pubblicati sul territorio e non solo, o ancora i lasciti testamentari, mai tralasciando la cura di ogni singolo donatore il cui apporto ad oggi corrisponde ad un terzo di quello che serve a CasaOz per riuscire a vivere. Dall’altra credo che debbano esserci anche degli sforzi per individuare strumenti che vadano un po’ fuori dai binari. Bisogna pensare che cosa la gente vuole sentire di ciò che facciamo e quali possano essere nuove tecniche o nuove occasioni di coinvolgimento, per innescare una collaborazione duratura nel tempo. Questa è di nuovo, come dicevamo per il corporate, una grande sfida, cioè portare le persone a seguire, chi per un pezzo piccolo, chi per un pezzo più grande, il servizio che CasaOz offre e a volerlo mantenere nel tempo.
Possiamo affermare che l’Italia è un paese di donatori? Secondo la sua esperienza quanto e con quali modalità gli italiani sono disposti a donare oggi?
Sicuramente l’Italia è un paese di grandi donatori. Le persone hanno sensibilità e voglia di condividere e partecipare. Ritorniamo al discorso precedente, c’è bisogno di costruire una cultura della continuità della donazione. È anche importante esplorare nuovi strumenti, nuove relazioni, nuove progettualità condivise ad esempio con il corporate. Questo significa prendersi cura della società, attraverso i servizi che noi come CasaOz ed altri enti che operano nel settore, costruiamo. Sta a ciascuno di noi mettere in gioco quello che può, e farlo con continuità, per creare un impatto positivo su una società in cui si lavora meglio e si vive meglio.
Sarebbe importante costruire dei ponti tra il no profit e il mondo corporate che diano la possibilità di raccontare quello che si fa. Il corporate dovrebbe spingere la collaborazione con il no profit ponendo l’accento, oltre che sulla continuità, sulla conoscenza. Sarebbe bello se le aziende creassero al loro interno degli spazi di formazione sui progetti di sostenibilità da poter costruire e definire con chi farlo, mappando le realtà del proprio territorio. Il corporate, ossia i manager di un’azienda dall’interno, possono incidere moltissimo su quest’aspetto. Così facendo, non sarebbe il no profit a cercare link con le aziende, ma ci sarebbe un movimento al contrario, perché progetti di sostenibilità potrebbero essere inseriti già all’interno di ragionamenti aziendali, allo stesso modo di altre attività che vengono portate avanti.

Enrica Baricco, presidente CasaOz
Un’altra cosa che ritengo fondamentale è che i dipendenti di un’azienda, al di là del ruolo che ricoprono, possono diventare singoli donatori per le realtà sociali come la nostra. È davvero un aspetto importantissimo coltivare una collaborazione, informazione e una formazione nel mondo corporate per le future sfide che la società ci porrà.