Cotti in Fragranza: «Un progetto di riscatto sociale per i detenuti del carcere di Palermo»

di Patrizia Tonin
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Un’impresa sociale e un’occasione di inclusione per i detenuti del carcere minorile di Malaspina a Palermo. Cotti in Fragranza è un progetto all’avanguardia, che permette ai ragazzi di utilizzare materie prime di alta qualità per una produzione made in Sicily dal forte impatto sociale, ambientale e territoriale.

Ce ne parla una delle fondatrici del progetto e oggi project manager, Lucia Lauro, spiegandoci che il progetto non si conclude una volta usciti dal carcere, anzi: «Al termine del proprio percorso detentivo, i ragazzi continuano a lavorare a Cotti in Fragranza, formandosi costantemente e acquisendo sempre maggiori responsabilità».

Cos’è Cotti in Fragranza, quando è nata e perché.

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Cotti in Fragranza nasce come progetto all’interno del carcere per i minorenni di Palermo nel 2016. Oggi è il brand dentro il quale stanno tutte le attività per la produzione di prodotti da forno e servizi di ristorazione realizzati da giovani detenuti, ex detenuti, migranti o giovani a rischio marginalità, realizzati dalla Cooperativa sociale Rigenerazioni onlus. L’idea da cui nasce Cotti in Fragranza, frutto del desiderio dell’allora direttore del carcere Michelangelo Capitano e della direzione dell’Istituto Don Calabria, è stata quella di creare all’interno dell’istituto penale un laboratorio professionale per la produzione di prodotti da forno. È stato il secondo progetto in Italia di un’azienda all’interno di un istituto penale minorile, con l’ambizione di costituire non solo un momento formativo per i ragazzi, ma anche una reale opportunità di lavoro dentro e fuori il carcere. Oggi le attività sono molteplici, oltre alla pasticceria dentro il carcere, c’è il centro pasti per senza dimora della città, Caritas e scuole, c’è il servizio catering e c’è il Giardino e Bistrot Al Fresco.

Questo progetto come si inserisce nel territorio e perché si può definire un’occasione di inclusione?

Quando abbiamo incontrato (non è un termine scelto a caso) la realtà del carcere minorile ci siamo chiesti come operatori sociali cosa potevamo fare per facilitare il reinserimento dei ragazzi ristretti. La risposta è stata ambiziosa, ma sapevamo che se volevamo trovare risposte valide per un territorio difficile come quello palermitano, eravamo chiamati ad esserlo. Il lavoro è dignità e solo attraverso un forte collegamento con la comunità possiamo dare una seconda opportunità. Il pensiero a un nucleo esterno, oltre al laboratorio interno, è stato immediato e rispondeva sia al bisogno di sostenibilità che al dare alla nostra comunità territoriale la possibilità di sostenere direttamente il lavoro dei ragazzi. Io credo che sia importante che la famosa “scelta col portafoglio”, cioè la possibilità di sostenere le attività economiche che riteniamo abbiano un impatto diretto sulla comunità si possa fare nel proprio territorio perché aumenta la corresponsabilità. Questo oggi per Cotti in fragranza è possibile sia nei negozi che vendono i nostri prodotti, sia direttamente al Bistrot, che scegliendoci per un catering.

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Fate anche turismo sostenibile e avete progetti di formazione per i detenuti in ricezione turistica e altri settori. In questo, lavorate da soli o siete affiancati da altre realtà e imprese nel territorio?

Per alcuni anni tutte le attività turistiche le abbiamo svolte con due partner di eccellenza: Addio Pizzo travel e Palma Nana con Libera il giusto di viaggiare. Con loro abbiamo sperimentato l’incontro con i turisti attraverso il cibo e le cooking class. Poi da quando abbiamo la nostra sede dentro Ballarò, nel palazzo seicentesco Casa San Francesco, abbiamo iniziato a collaborare con altri partner come la cooperativa turistica Terradamare, il palazzo Conte Federico e Welcome Sicily. Con quest’ultimi abbiamo una partnership importante all’interno del progetto Svolta all’Albergheria, finanziato da Fondazione con il sud, per la creazione di alloggi turistici e la formazione dei giovani e delle giovani che se ne occuperanno. Presto avremo i nostri operatori turistici per la gestione delle camere, ma non credo che potremo mai rinunciare alla collaborazione con questi fantastici compagni di viaggio, perché perderemmo una ricchezza inestimabile.

Siete da poco diventati “ambasciatori di economia civile”, ci può spiegare cosa significa – per voi e per il territorio?

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Essere un’impresa civile vuol dire avere a cuore il luogo e la comunità che si abita. Noi siamo orgogliosi di avere la responsabilità quest’anno di parlare di economia civile in giro per l’Italia e di poter raccontare attraverso la nostra storia un modello di contrasto al pregiudizio e all’esclusione. Per la città di Palermo spero possa essere un faro sulle tante attività che come la nostra cercano di creare uno sviluppo partecipato, in ascolto ai bisogni della città, con uno sguardo attento a tutti e tutte. Il nostro focus saranno soprattutto i giovani e le scuole.

Avete mai pensato di replicare il modello Cotti in Fragranza in altre città con contesti nazionali?

Sì, ci stiamo pensando e inizieremo a Casal di Principe, in provincia di Caserta, dove già da un anno stiamo provando a costituire un secondo nucleo operativo di Cotti in Fragranza. In più insieme ad altre cooperative, che in altri territori fanno un lavoro eccellente, ci stiamo mettendo insieme per ragionare sul sostegno a nuove realtà come la nostra.cotti-in-fragranza-eventi
Nnel palermitano abbiamo tanto da fare: primo fra tutti, il progetto di ristrutturazione di Casa San Francesco, un bene riconosciuto patrimonio storico artistico della città, di circa 3.500 metri quadrati. È un progetto enorme e, a volte, spaventoso. Ma noi crediamo molto in una realtà nella quale faremo convivere l’impresa, la formazione e i servizi socio-assistenziali. Una casa del quartiere sostenibile che permetta di dimostrare che le barriere non sono necessarie e che si può far convivere tante sfaccettature della nostra società.

Come vede il futuro della Corporate Social Responsability nel Terzo Settore?

Io credo che la Corporate Social Responsability potrebbe essere una strada per uscire dalla tripartizione economica a cui siamo abituati e mettere tutti sullo stesso piano e cioè: «Cosa fai per la comunità in cui operi?». Sembrano concetti nuovi, eppure non lo sono. Olivetti ce lo insegna, con le sue città create per gli operai e le fabbriche di vetro per avere la luce del sole. Oggi più che mai siamo tutti chiamati a chiederci «cosa facciamo per il nostro mondo» e anche gli enti del Terzo Settore non possono più accontentarsi del fatto di occuparsi di persone fragili per essere in linea con questa logica, ma devono necessariamente interrogarsi sul come e sul legame che sanno creare col territorio.

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Per dirla in termini tecnici, il solo pilastro “S” delle ESG – Environmental, Social and Governance – non è più sufficiente per il Terzo Settore, sono necessari anche gli altri due. Noi, ad esempio, da due anni siamo molto impegnati nelle attività educative, culturali e sociali all’interno del nostro territorio, proprio perché crediamo fortemente che parte del “fatturato” deve essere reinvestito e speriamo di farlo sempre di più anche in campo ecologico. Insomma, abbiamo tanta creatività da usare e sfide importanti da affrontare.

 

Credits photo: Luca Savettiere

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