«Chiamati a essere imprenditori diversi»

di Angelo Fasola
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Angelo Fasola, direttore editoriale csr stars
Ho letto fiumi di notizie negli ultimi anni, ho scorso migliaia di pagine ma la mia voglia di sapere non era mai appagata.
Sono Angelo Fasola, CEO e Founder di TrustMeUp, Presidente della Nazionale Italiana delle Associazioni Non Profit ma soprattutto sono “figlio del volontariato”. Sono figlio delle notti al pronto soccorso, della consegna di un pasto caldo, dello stringere i denti e fingere di non essere stanco per un motivo più alto: essere utile al prossimo.

È questo che ha sempre segnato le mie giornate, è questo che ha sempre contraddistinto la mia attività: la voglia di fare qualcosa per i nostri figli. E così, l’ultimo biennio è stato fondamentale.

La pandemia ha evidenziato ancora una volta che da un lato c’è un mondo che soffre e dall’altro c’è un mondo che s’impegna e che fa impresa “vestito” della più somma responsabilità sociale d’impresa.

Ecco, questi due mondi non erano trattati allo stesso modo.

L’uno era raccontato nella sua crudezza e l’altro era bypassato perché è cosa nota: le cose brutte fanno notizia.

Con l’azienda che ho fondato insieme a Carlo Carmine, TrustMeUp appunto, vogliamo raddoppiare le donazioni nel mondo. Puntiamo a farlo ricompensando le donazioni in sconti per acquisiti e sviluppando i modelli del Business2Donors che sono frutto del Dona-Ricevi-Compra e del DonaComprando.

Ma non è questo il tema odierno.

Man mano che sviluppavamo il progetto e leggevamo i giornali, ci rendevamo conto che c’è un mondo non raccontato. Un mondo che vede le eccellenze dell’imprenditoria “fare del bene” ogni giorno e non trovare spazio, a meno che non abbiano a sborsare fior di quattrini.

Ma come? Io faccio del bene e devo pagare per raccontarlo?

Serviva fare qualcosa, serviva lasciar esplodere e dare uno spazio chiaro alle “Star” del mondo della “CSR”.

In piena pandemia fui colpito dall’esito di un sondaggio pubblicato dal Word Economic Forum. In quelle pagine, diffuse durante il Sustainable Development Impact Summit, si evidenziava come 9 cittadini su 10, a livello globale, auspicano di vivere in un mondo più sostenibile ed equo nel post-Covid 19.

Inoltre, e questo mi stupì davvero, che il 72% degli intervistati si aspettava una trasformazione nel proprio stile di vita. Un desiderio concreto di “andare avanti”, “esplorare nuovi mondi” piuttosto che “ritornare al passato”.

Un messaggio chiaro che i top manager di grandi multinazionali, e in passato ne ho dirette, hanno condiviso e stavano già condividendo attraverso le proprie azioni.

Stavo a “guardare” e nel frattempo “ragionavo”.

E così, nell’agosto del 2019, guardavo da lontano a quel nutrito gruppo di Ceo delle multinazionali statunitensi più influenti del Pianeta i quali, riuniti nella Business Roundtable, a voce accordata dichiaravano di voler cambiare il paradigma fondativo delle proprie aziende.

Ho studiato marketing nei campus americani e ho perfezionato il mio respiro internazionale in Irlanda, in quella Dublino che ancora non era la “Silicon Valley europea” che è oggi e ricordo l’impostazione classica dell’azienda di Milton Friedman la cui ragion d’essere è definita come la capacità di generare guadagno.

Oggi quel concetto è capovolto del tutto.

La loro visione, la nostra visione, la mia visione, è orientata alla piena condivisione del valore generato dall’attività di business con la società civile, gli individui e l’ambiente.

E di lì a poco il concetto di CSR si è sempre più radicato tra i CEO di aziende come Cisco Systems, Ibm, Apple, Amazon, Walmart, JP Morgan Chase, General Motors e Boeing.

Non si fa business se non c’è etica.

E mi sono stupito nel vedere le tantissime realtà italiane che lavoravano abbracciando questo concetto. Ho iniziato una lunga ricerca tra le non profit e le aziende. Tra le azioni della grande multinazionale e quelle della piccola realtà di quartiere e in tantissime ho riscontrato quel desiderio di “fare del bene”.

Era giunto il tempo della creazione di un valore condiviso ed era il tempo di dargli voce.

Mi fermai a parlarne con Carlo Carmine e le idee macinavano nella nostra testa.

Un libro sarebbe stato poco, un evento sarebbe stata una goccia troppo solitaria.

Volevamo qualcosa di “duraturo”, “quotidiano” e capace di dare voce, come mai prima d’ora, alle stelle della Responsabilità sociale d’impresa.

Benvenuta CSR Stars, il magazine della responsabilità sociale condivisa.

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