La bioeconomia circolare della birra: «Con Biova Project abbattiamo gli sprechi alimentari»

di Cinzia Ficco
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La birra prodotta col pane invenduto “from bakeries and shops”. A pensarci, sono stati Franco Dipietro, di Imperia, laureato in Ingegneria logistica, e Emanuela Barbano di Asti, laureata in Economia – tutti e due del ’78 – che nel novembre 2019 a Torino hanno fondato Biova Project, una startup innovativa con l’obiettivo di combattere lo spreco alimentare, inquinare meno e risparmiare sui costi di trasporto. Grazie anche a spedizioni veloci, tracciate e con imballi sostenibili.

Era fra le startup sostenibili presentate da LifeGate Way alla Design Week 2022. Biova Project sfrutta infatti l’enorme quantità di pane invenduto sugli scaffali di negozi e supermercati, impiegandolo al posto del malto per produrre birra artigianale. In questo modo la birra richiede una quantità inferiore di materia prima, abbattendo anche i consumi per il trasporto e le risorse per coltivarla, e permette di ridurre un fenomeno, quello dello spreco, inaccettabile. La birra Biova viene poi rivenduta negli stessi esercizi commerciali che hanno fornito il pane: in questo modo i negozi non solo guadagnano dalla vendita della birra, ma trovano un modo di ridurre i costi legati al pane da smaltire.

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«L’idea – ci spiega Franco, che si è occupato per molti anni di comunicazione d’impresa – è nata dopo un anno di volontariato in una onlus (Equoevento) che recupera avanzi alimentari pagati da aziende o cittadini. In questo percorso ho visto quantità rilevanti di alimenti lasciati con sistematicità e mi sono accorto che alcuni di questi erano più facili da recuperare, altri meno. Tra questi, il pane, che ha una vita breve. Passate le 24 ore non è più commestibile. Dopo alcuni mesi, da buon ingegnere logistico, ho cercato di capire come mai se ne raccogliesse tanto. Quindi perché ne rimanesse tanto, e non solo nelle mense aziendali o dopo i matrimoni. Alla fine ho scoperto che ci sono più cause: oggi i forni sono fatti per produrre quantità enormi di pane ogni giorno. Se un giorno piove, in pochi escono a comprarlo. Rimane così invenduto. Un fornaio poi non può produrne poco, avendo costi energetici alti. Poi ci sono le mode degli ultimi anni: prima si acquistava pane solo la mattina, oggi anche di sera. Così molti supermercati si tengono pronti a una domanda che copre una fascia oraria più ampia. I forni sono accesi 24 ore su 24. Ma non sempre, ripeto, si acquista. Solo in Italia ogni giorno si producono 1.300 tonnellate di surplus di pane. Che sono milioni nel mondo».

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Franco Dipietro e Emanuela Barbano, fondatori di Biova Project

Come sta andando dal 2019? I fondatori di Biova Project ci fanno sapere che la società si è subito aperta ad altri partner strategici, fondi di investimento e ha raggiunto – come dice Franco – «buoni risultati nell’arco di questi tre anni. L’idea è piaciuta subito. Già in fase di strutturazione abbiamo cominciato ad attirare i primi capitali. In breve tempo, ci siamo messi a studiare come conservare e recuperare gli avanzi di pane».

Il primo prodotto inventato? Una birra. Con centocinquanta chilogrammi di pane avanzato, Franco ed Emanuela producono duemilacinquecento litri di birra artigianale.

Il sapore del prodotto? «Dovreste assaggiarlo – replica – E comunque, pane e birra sono accomunati dalle materie prime. Sono fatti tutti e due con acqua e cereali. La birra è sempre stata denominata pane liquido. Ma la cosa importante è che al posto di una buona parte di malto d’orzo, materia altamente energivora, ne utilizziamo una che arriva dal riciclo alimentare. Con il nostro sistema logistico, prima recuperiamo, poi trattiamo, di conseguenza stocchiamo, tracciamo e lasciamo seccare il pane. Viene stoccato in vari punti sul territorio perché evitiamo di far viaggiare gli autotrasportatori per far inquinare meno e risparmiare sui costi di trasporto. Stiamo costruendo hub di recupero del surplus. Oggi ce ne sono tre: a Torino, Milano e Padova».

Nel 2020 i due sono riusciti a recuperare circa tre tonnellate di pane, l’anno successivo nove tonnellate.

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Nel Regno Unito c’è qualcosa di simile a Biova Project. «È una azienda – dice Franco – nata nel 2018. Ma è un birrificio. Producono solo birra. Noi abbiamo una filosofia diversa. Un manifesto vero e proprio che prevede un circolo virtuoso ancora più ampio. Con gli scarti della birreria abbiamo già prodotto uno snack e un biscotto da colazione. Stiamo studiando una gamma abbastanza variegata di prodotti per l’alimentazione. Lo snack è già presente nella grande distribuzione del Nord Ovest, in molti grandi centri commerciali tra Piemonte, Lombardia e Liguria. Ti arriva a casa con sistemi di consegna a domicilio. Ci stiamo attrezzando per distribuirlo anche nei bar, nei ristoranti e negli alberghi. Puntiamo a sfornare ogni anno un prodotto nuovo per ogni occasione di consumo. La nostra ricerca è continua».

Torniamo alla birra. Il primo anno i due soci hanno prodotto duecento ettolitri di birra, il secondo duecento ettolitri e duecento tonnellate di snack, quest’anno sono sui mille ettolitri e quattro tonnellate di snack. «C’è un’ampia scelta: una bionda, una fashion leggera, una integrale con pane scuro, dai gradi variabili. Ogni stagione ne viene lanciata una nuova. Quest’anno è toccato alla bianca».

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Nelle scorse settimane Franco e Emanuela hanno avviato una campagna di lancio della linea di prodotti specifica per la città di Milano. Dieci tram, affissioni, con i colori di Biova Project. Dopo aver creato tre birre prodotte con il pane di Milano, chiamate la rossa, la verde e la gialla in onore delle tre linee storiche della metropolitana, Biova è tornata ai piedi della Madonnina: alla Design Week era partner di alcuni eventi e alcuni brand con i quali condivide i valori di circolarità e sostenibilità.

In futuro? «Vorremmo continuare a crescere – ancora Franco – e avere più risorse per alimentare il pianeta, il nostro obiettivo ultimo. Quindi far conoscere i nostri prodotti anche all’estero. Certo, dipende dai futuri soci. Forse tra breve riusciremo ad esportare a Dubai grazie ad Italy».

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Ultima curiosità: responsabilità sociale d’impresa. Come siamo messi in Italia? «Per certi versi meglio di alcuni Paesi, tipo gli Stati Uniti. Il problema è che si racconta poco. Non si è ancora capito che produrre in modo sostenibile è un vantaggio, non un costo ulteriore. Ma, restando sul recupero, recupereremo anche il nostro ritardo».

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Paolo 16 Giugno 2022 - 18:19

Complimenti per l’iniziativa! Cercherò questa birra, sono molto incuriosito. Ma a parte la curiosità, mi colpisce la dimensione dei risultati, una quantità a di r recupero veramente ingente. Molto interessante conoscere la panoramica delle implicazioni di questa circolarità (la logistica soprattutto).

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