Bacon Clothing è un brand italiano nato nel 2011 con la re-interpretazione dei capi che hanno fatto la storia dell’outwear, attraverso l’utilizzo di materiali innovativi, colori e silhouette attuali. Ora strizza l’occhio all’Intelligenza Artificiale, come nel caso della sua recente sfilata svolta da avatar. Andrea Pilato Barrara, founder di Bacon Clothing, ci racconta la sua idea di sostenibilità legata alla digitalizzazione.
Come nasce l’apertura del canale e-commerce?
Nonostante sia molto forte l’attitudine a utilizzare tutte le nuove tecnologie web e digital, siamo approdati relativamente tardi – solo nel 2021 – all’utilizzo del canale e-commerce. Per contro, siamo stati tra i primi a credere e investire nella digitalizzazione soprattutto come “parola d’ordine” per risparmiare risorse nei processi produttivi ed estenderla poi come strumento di marketing e di comunicazione.
Siamo stati tra i primi a utilizzare il “digital fashion show” a supporto di strategie di sostenibilità: aprendo un circuito virtuoso produttivo, abbiamo ridotto sprechi e costi nella realizzazione dei campionari. Quanto all’e-commerce, pensavamo erroneamente che in virtù della tipologia del nostro prodotto “morbido” per definizione, fosse importante il “touch” fisico dei nostri piumini. Fin da subito, le nostre creazioni sono state premiate per la loro qualità in termini di leggerezza, di linee morbide e di interpretazione “moda”. Pensavamo che il canale distributivo retail – con la mediazione di buyer molto attenti e competenti – fosse l’unico percorribile. Ci sbagliavamo! In poche stagioni abbiamo visto che è risultata possibile l’integrazione di questi due canali a vantaggio del business globale.
In che cosa l’e-commerce ha cambiato il vostro modello di business?
Non direi tanto cambiato: il successo ottenuto con l’e-commerce ha confermato la correttezza delle nostre strategie che danno un’immagine di “sviluppo prodotto” legate alla dimensione digitale. Il nostro modello di business, in relazione al nuovo canale distributivo diretto dell’e-commerce, si è quindi arricchito di questo potenziale allargamento del target, più globale e diversificato, senza nulla togliere ma solo implementando l’espansione sui canali tradizionali.
Il nostro magazine parla di Sostenibilità e Responsabilità Sociale delle imprese. Cosa significa per lei sostenibilità?
Il vostro magazine fa un lavoro molto importante nella divulgazione di questa nuova sensibilità che riguarda sia la sostenibilità in senso stretto, diffondendo gli strumenti e le tecniche di applicabilità nel concreto, sia promuovendo il nuovo lessico dedicato a questo comparto di sviluppo ormai imprescindibile nelle economie e nelle imprese che vogliono dirsi moderne. Per noi sostenibilità significa soprattutto fare leva e agire sulla filiera produttiva, facendo scelte compatibili in primis verso tecniche di lavorazione e tessuti eco-compatibili. Una scelta premiata anche dai nostri clienti finali che hanno già recepito il plus di una produzione che nulla toglie alla qualità, anche se deriva da prodotti green fortemente virtuosi.
Al vostro interno avete progetti e iniziative per la sostenibilità e la Responsabilità Sociale?
Tra i tanti processi messi in campo in questa direzione, ne sintetizziamo alcuni. La realizzazione virtuale dei campionari ha ridotto il costo e il consumo di materie prime, riducendo sprechi e costi. Digitalizzando i capi riusciamo a non produrre i cosiddetti “campioni” e “contro campioni” e questo ha permesso un enorme risparmio di tempo. La digitalizzazione ben utilizzata sostiene i processi di sostenibilità, oltre a creare un nuovo modello di sviluppo delle fasi creative: consente di testare idee e applicazioni senza arrivare al capo finalizzato.
Anche l’utilizzo in collezione di tessuti ecosostenibili – come il nostro progetto legato al tessuto Eco Ripstop, ottenuto dal recupero di plastica dagli oceani e per questo doppiamente ecologico (contro l’inquinamento dei mari e per un recycling mirato) – fa parte della nostra propensione alla sostenibilità. Tutto è legato a piume riciclate, zip biodegradabili, etichette a stampa d’acqua senza scarti chimici, imballaggi in plastiche riciclate e biodegradabili. Abbiamo fatto le cose come andavano fatte, il processo è complesso ma nel tempo siamo certi, si semplificherà e diventerà un obbligo verso noi stessi, il sistema e l’ambiente.
Un’altra case-history in ottica di risparmio energetico e di materie prime è la scelta di utilizzare – nelle Presentazioni e nei fashion Show di passerelle – capi e modelli virtuali come nel progetto “Digital Twin”: un altro esempio di risparmio energetico, sostenibilità e sviluppo interno delle tecniche di digitalizzazione. Altri progetti sono ancora in fase di messa punto, come quello legato alla definizione di uno speciale codice prodotto che con trasparenza esprima la tracciabilità delle materie prime impiegate e la sostenibilità quindi del prodotto. Una sorta di carta di identità dei capi fisici e di quelli descritti online, schede tecniche di certificazione che spieghino tutto il percorso, dall’origine delle materie prime ai processi di lavorazione. Il progetto completo è ancora in fase di costruzione: l’obiettivo finale è dotare ogni prodotto di un codice correlato a una sorta di “banca dati”, di identikit del capo stesso, per garantire al cliente informazioni e trasparenza.
Che cosa comporta, in termini di scelte di business, un approvvigionamento sostenibile dei materiali?
Soprattutto impegno creativo e visione. Imparare ad aprirsi e utilizzare i nuovi mezzi. Quindi tempo e nuove competenze da mettere in campo, ma soprattutto bisogna essere disposti a sostenerne i costi, diretti e indiretti. Prima di diventare fonte di utili, un vero processo sostenibile è senz’altro un costo elevato che molte volte non può ricadere sul prodotto finale: inevitabilmente riduce la marginalità. Confidiamo che la messa a punto di questi modelli semplifichi in futuro i processi di ottimizzazione e li renda meno onerosi.
Anche in termini di “reperibilità” e rispetto delle consegne ci sono aree di criticità, visto che la domanda di prodotti sostenibili sta aumentando. Anche i grandi player del settore cercano di cambiare il loro modus operandi, conseguentemente per noi “piccoli” la sfida è doppia. Per rispettare questo nuovo modello occorre molto impegno. Bisogna sempre spostare l’asticella verso l’alto e darsi obiettivi etici oltre che economici. E soprattutto diventa necessario un sostegno che aiuti i vari attori della filiera ad accogliere i complessi processi che servono all’economia e al Pianeta.
Cosa pensa della trasparenza e della qualità in termini di prodotti e processi produttivi?
Stiamo mettendo a punto un modello di tracciabilità per rendere sempre più “trasparenti” i nostri prodotti e aumentare il dialogo – aperto e sincero – con i nostri clienti. Con l’idea di consegnare prodotti sempre più green e tracciabili. Di fatto, attraverso la customer experience rendiamo più proattivo il concetto di customer care, aiutando il consumatore a diventare sempre più consapevole.
Quanto è importante oggi il rispetto dell’ambiente per un’azienda del vostro settore?
Il rispetto dell’ambiente si sta collocando tra i valori primari nelle nuove generazioni che sono anche il nostro potenziale mercato. Quindi se è fondamentale nella vita di ciascuno riferirsi a questo nuovo paradigma – il pianeta non va sfruttato ma protetto – il business della moda deve partire da una produzione più virtuosa, tesa al risparmio energetico.
Questo soprattutto in ambiti dove la produzione risulta inquinante e non riciclabile, con rischi per l’ecosistema e il mancato rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale. Anche la sostenibilità sociale fa parte di queste nuove sfide: parole come inclusione, parità di genere e rispetto per il cliente finale devono diventare prima un impegno e poi fatti concreti.